22 dic 2011

Eiger - La montagna maledetta

Eiger - parete nord
Per consolarmi di una vacanza saltata all'ultimo momento che avrebbe dovuto vedermi nel Tirolo austriaco ho acquistato alcuni libri sulle scalate dedicati alla storia dell'Eiger, la più ambita e pericolosa delle vette alpine (non a caso alcuni dei suoi celebri passaggi si chiamano "traversata degli Dei" e "bivacco della morte").
La storia delle scalate in alta quota è davvero affascinante, i resoconti sono emozionanti: in montagna l'imprevisto è sempre in agguato, impreparazione e avventurismo non perdonano, l'audacia si accompagna sempre ad una quota di follia e la determinazione e la forza di volontà sono sempre determinanti.
La storia dell'Eiger con le sue innumerevoli disgrazie, forse più di ogni altra montagna è il simbolo di un ambizione che non lascia tregua, la sfida impossibile che ha piegato più di un valido scalatore.

I libri che ho letto e che vi consiglio sono "Eiger" di Rainer Rettner e "Morte sull'Eiger" di Anker, Capra e Rettner. Il primo è una storia dei tentativi di scalata della famigerata parete nord dell'Eiger dal 1932 al 1938 quando fu raggiunta per la prima volta la cima per quella via. Il secondo ricostruisce una particolare scalata, il tentativo di due italiani nel 1957 che finì in tragedia malgrado l'imponente mobilitazione dei soccorritori.

Le scalate dal '32 al '38 erano realizzata con mezzi e attrezzature ben poco tecnologiche, idem per le riserve di cibo (di solito un pezzo di speck), e sopratutto quasi sempre in coppia. La salita in coppia è la più veloce e ne faceva la modalità preferenziale sull'Eiger la cui ripidissima parete nord ha cambi climatici improvvisi e condizioni di friabilità di rocce e ghiaccio proibitive. Al giorno d'oggi anche il più quieto raccoglitore di funghi è meglio attrezzato di questi eroi d'altri tempi.
Una delle particolarità dell'Eiger è di affacciarsi su una valle da cui è possibile osservare con facilità la smisurata massa di roccia e ghiaccio che costituisce la sua parete nord.
La "traversata Hinterstoisser" 
Per questo i tentativi di scalata che si susseguirono negli anni poterono essere seguiti (nuvole permettendo) con una certa precisione da appassionati e giornalisti, e spesso purtroppo furono resoconti di disgrazie. Più di uno scalatore fu imprigionato nel ghiaccio in quota e rimase per anni visibile dai cannocchiali di valle senza che nessuno potesse raggiungerlo o recuperare la salma.

Fino agli anni '70 prima dell'impiego dell'elisoccorso, il recupero degli scalatori era stato spesso difficile e rischioso, sull'Eiger quasi impossibile. Il caso del 1957 è particolarmente eloquente: il tentativo di scalata di Stefano Longhi e Claudio Corti causò tre vittime di cui fu accusato ingiustamente lo stesso Corti (unico sopravvissuto) che dovette vivere con questa infamia per quattro lunghi anni fino alla riabilitazione quando finalmente nel 1961 il ritrovamento dei corpi dimostrò la veridicità delle sue dichiarazioni e la sua totale innocenza. Il resoconto del tentativo di scalata e sopratutto delle operazioni di soccorso evidenzia bene le fragilità tecniche che intralciarono le operazioni (sistemi radio inefficienti, argani che congelano, corde pesantissime, abiti che non proteggono a sufficienza dal freddo, niente cellulari o gps).

Ancora più impressionanti le condizioni di salita degli anni '30 che testimoniano dell'assoluta grandezza dei primi ardimentosi, tra tutti ricordo gli sfortunati Toni Kurz e Anderl Hinterstoisser che diede il nome alla celebre "traversata".

[ Eiger (Trionfi e tragedie 1932-1938) / Rainer Rettner / Corbaccio ]
[ Morte sull'Eiger (Il dramma di Claudio Cortie Stefano Longhi) / Anker, Capra, Rettner / Corbaccio ]





20 dic 2011

Il ritorno - di Alberto Manguel

Un viaggio per un invito a un matrimonio, diventa occasione per un ritorno a casa (dall'Italia all'Argentina) dopo anni di assenza, un viaggio nei ricordi, un viaggio trai fantasmi del proprio passato.
La maestria di Manguel nell'ordire una storia di fantasmi (del rimpianto, della storia recente, della nostalgia) che sfugge i confini di genere è notevole. Malinconica divagazione sul passato che non passa: i desaparecidos.
Il protagonista della storia, l'antiquario Nestor A. Fabris fa ritorno nella sua argentina, è appena atterrato dopo trent'anni ma la realtà subito si sovrappone e confonde con i ricordi in un continuo slittamento di piani di realtà: incontri fugaci e un viaggio in autobus sul confine dell'incubo, ma non c'è tempo per soffermarsi sulle incongruenze, è in arrivo un altro autobus e sarà Nestor a fare gli onori di casa...

Sempre di Manguel segnalo il post Mr Hyde ai tropici

[ Il ritorno / Alberto Manguel / Nottetempo ]

15 dic 2011

Poesie e lettere - di Friedrich W. Nietzsche

Friedrich W. Nietzsche
Forse il lato più emotivo e privato del grande filosofo tedesco, la raccolta annovera numerose lettere ad amici, conoscenti e parenti. Al lettore moderno colpiscono le circonvenute formule di cortesia di apertura e chiusura di ogni comunicazione, ma la cosa più interessante è il Nietzsche emotivo, l'uomo nel suo quotidiano, tra sentimenti e fragilità. Una lettura utile e interessante per avvicinarsi di un altro passo alla complessa personalità del filosofo della morte di Dio.

[ Poesie e lettere / Friedrich W. Nietzsche / Rusconi ]

13 dic 2011

La città dei clown - di Will Eliott

Will Eliott
Il romanzo è un caso letterario ed è la svolta nella vita del giovane autore australiano Will Eliott, classe 1979, visto che è con quest'opera prima è passato dalla povertà ai grandi editori con traduzioni in tutto il mondo. Visionario, il romanzo è un horror che ha per protagonista dei clown psicopatici, anzi un ragazzo australiano, Jamie,  che si arrangiava come poteva con lavori precari e che viene arruolato suo malgrado in un circo molto speciale. La sua banda è quella dei clown,  in competizione con gli altri "artisti", trapezisti, mangiafuoco, etc. Ma "The Pilo Family Circus"(che sarebbe anche il titolo originale del romanzo) è una trappola mortale situato in una dimensione parallela. Le attrazioni efferate e psicopatiche degli "artisti" (tutti sadici assassini) mietono vittime ad ogni spettacolo,  come gironi infernali su cui si affollano le anime degli spettatori non troppo innocenti. In fondo siamo tutti colpevoli se siamo attratti da tali efferatezze. Nelle incursioni della banda dei clown da una dimensione all'altra sono la norma rapimenti e omicidi, una pomata magica (con cui truccare il viso disegnando la maschera che fa apparire il clown) conferisce poteri sovrannaturali e consente il passaggio dimensionale, ma attenzione il diavolo non dà mai niente per niente: la pomata fa emergere il lato oscuro, "JJ" l'alter ego sadico del protagonista è un campione di malvagità, nientemeno vuole annientare il proprio residuo umano Jamie (proprio come Mr Hyde con il dottor Jekill).

Il romanzo si può leggere in molti modi: un horror allucinato, una satira dark del darwinismo sociale e della società dell'intrattenimento, una variazione sul tema del lato oscuro. Consigliatissimo, le  oltre 300 pagine volano che è un piacere in un ritmo crescente. Se soffrite di coulrofobia (fobia dei clown) è una lettura impossibile, se non non ne soffrite ancora è probabile che dopo possiate avvertire qualche brivido nella schiena incrociando uno di quei volti colorati con il naso rosso.

[ La città dei clown / Will Eliott / Mondadori]



8 dic 2011

Storie di sesso e di ringhiera - di Teresa Petruzzelli

Teresa Petruzzelli
Non fatevi ingannare dal titolo, il tema di queste pagine è la solitudine.
Pagina dopo pagina si dispiega una galleria di personaggi vinti nella vita (dalle circostanze, dalla mancanza di risorse, intellettuali o finanziarie) che si dibattono in una opprimente solitudine, interrotta solo dai fugaci  contatti con altri reietti vicini di "tana", variamente affaccendati a sopravvivere.
In comune questo girone dei vinti ha infatti il tetto sotto cui passa le notti: una casa di ringhiera di una periferia non meglio definita. Maschere felliniane e colonna sonora triste, tutte vite ai margini di quella società miraggio che nella casa di ringhiera non riverbera le proprie luci se non come assenza.
Spiandosi da una finestra all'altra gli inquilini incrociano le proprie vite rimanendo tangenti l'uno all'altro, vicini ma inesorabilmente separati, irraggiungibili l'un l'altro.
Solitudini di chi chi si è dato per vinto e ha smesso di lottare, rassegnato, ritratto dal mondo che non gli appartiene più.

Da leggere.

[ Storie di sesso e di ringhiera / Teresa Petruzzelli / Aisara ]

6 dic 2011

Un altro best seller e siamo rovinati - di Marino Buzzi

Marino Buzzi
Un godibile "diario semiserio di un libraio"(il sottotitolo),  dove la libreria è il teatro di personaggi caricaturali ma non troppo distanti dal vero; una serie di racconti brevi sulle avventure tragicomiche del tran tran quotidiano di un commesso in una grande libreria (ma mi raccomando chiamatelo LIBRAIO) tra colleghi strampalati, clienti che spingono all'esaurimento e le mirabolanti trovate dei "geni del marketing" (autentiche boiate pazzesche). Il libro è divertente e intelligente, tra esagerazioni e macchiette disegna una caustica critica del mercato dei libri, lontano dalle pretese culturali e tutto immerso in logiche quasi surreali e autoreferenziali. Il ritratto di un contesto lavorativo amato ma frustrante, tra clienti ignoranti e incontentabili, colleghi demotivati e sfruttati, capi e responsabili dalle idee e comportamenti deliranti e irraggiungibili. In pratica il libraio protagonista (l'autore, voce narrante) ricorda il Fantozzi degli esordi (quello del libro del 1971, lontano dalla sguaiatezza dei film), soltanto più colto e sofisticato, più consapevole, persino supponente, meno rassegnato, sempre corrosivo e allegro.

Lettura consigliata.

[ Un altro best seller e siamo rovinati / Marino Buzzi / Mursia ]

1 dic 2011

Diari - di Emanuele Artom

Emanuele Artom
Il prezioso volume edito da Bollati Boringhieri segna la prima pubblicazione integrale dei diari di Emanuele Artom, intellettuale ebreo piemontese, partigiano che fu catturato dai tedeschi, torturato e ucciso dai filo-nazisti nel 1944.
Il giovanissimo Artom (1915-1944) era una persona colta e mite, suo malgrado prese la via delle montagne e della resistenza, non voleva sottrarsi bensì voleva "les mains sales".
Nei diari emerge forte la sua complessa personalità, la lucidità e ampiezza del suo sguardo tra le miserie e la durezza della guerra civile.
Colpiscono le annotazioni sugli orrori delle liste di proscrizione nella "educata" Torino, le riflessioni sul sistema scolastico e l'importanza attribuita all'educazione e alla cultura, l'impegno partigiano e lo sforzo di una visone politica complessiva che aprisse la via per un domani migliore a chi sarebbe venuto dopo, anche a rischio di quella vita che purtroppo fu stroncata in modo tanto selvaggio da belve in divisa: gli aguzzini di Artom erano suo compatrioti, italiani, uomini come lui (che belve fossero solo i tedeschi è solo cattiva coscienza, la favola di cui ci si vorrebbe convincere; altro che italiani brava gente).
Il diario manca di alcune pagine bruciate dallo stesso Artom ed i nomi spesso sono omessi o cambiati per ragioni di "sicurezza", ma la voce dell'autore giunge forte e nitida.
Una lettura stimolante, commovente, chiarificatrice. Una memoria che non deve essere dimenticata tanto più oggi che il tempo inesorabile spegne ad uno ad uno la voce dei testimoni diretti.

[ Diari di un partigiano ebreo (gennaio 1940 - febbraio 1944) / Emanuele Artom - a cura di Guri Schwarz / Bollati Boringhieri ]

29 nov 2011

Storie di cronopios e di famas - di Julio Cortazar

Insoliti, fantasiosi, surreali, sognanti, ossessivi, eccentrici...
un breve volumetto di racconti, brevissimi, poche righe, come scintille pirotecniche, che sprigionano genio e follia in tutte le sfumature della creatività.
Un libro bellissimo dall'immaginario prepotentemente sudamericano, un universo di invenzioni in cui perdersi e trovarsi sono la stessa cosa.

Semplicemente imperdibile, una lettura che non si dimentica.

Ad impreziosire ulteriormente l'edizione Einaudi l'esemplare prefazione di Italo Calvino.

[ Storie di cronopios e di famas - Julio Cortazar  Einaudi ]



24 nov 2011

I tre perché della rivoluzione russa - di Richard Pipes

Richard Pipes
Un breve ma interessante saggio dello storico americano Richard Pipes, professore emerito in storia ad Harward.
L'autore forte del lavoro specialistico di tutta una vita, offre una risposta circostanziata e argomentata  a tre domande fondamentali: perché lo zar è caduto? perché hanno trionfato i bolscevichi? perché Stalin succedette a Lenin? Questioni importanti per i fatti che hanno poi condizionato pesantemente l'intera storia recente occidentale.
Il professor Pipes è uno dei massimi esperti della materia ma  non aspettatevi un'apologia del comunismo, dopo la fuga nel 1940 dalla natia Polonia a causa delle persecuzioni antiebraiche, Pipe ha servito nell'esercito americano durante la guerra e negli anni '70 fu un feroce critico della "distensione" che considerava una colpevole sottovalutazione del nemico. Negli anni '80 è stato direttore dell'ufficio affari dell'est europeo sotto il presidente Reagan.
Evidentemente non esattamente un filo-comunista, ma comunque la si pensi il libro è una interessante fotografia di quel particolare momento storico di cui senza dubbio lo storico Pipes è uno dei più seri, stimati, e profondi conoscitori.

[ I tre "perché" della rivoluzione russa / Richard Pipes / Rubettino ]

22 nov 2011

Via con me - di Castle Freeman

Castle Freeman
Go with me (titolo originale) è un piacevolissimo romanzo ambientato nella provincia americana, dove le piccole cittadine confinano con boschi a perdita d'occhio (l'autore vive nel Vermont) e dove la giustizia indossa una stella di latta e occhiali scuri dietro i quali talvolta può chiudere un occhio o fingere di farlo, come quando lo sceriffo gioca al poker con improbabili "amici" dal grilletto facile.

Gli ingredienti sono classici: il cattivo di turno, una ragazza da salvare, uno sceriffo più sveglio di quel che vuole sembrare e un manipolo di zotici boscaioli dalle maniere decisamente molto spicce, una sorta di armata Brancaleone con gli steroidi. Il resto ha il ritmo di un inseguimento come una caccia nei boschi, solo che questa volta la preda è un uomo.

La forza del libro è nei dialoghi, nei personaggi grotteschi, nerboruti e dai ragionamenti troppo elementari, che prima sparano e poi fanno domande anche se così otterranno poche risposte. 

Credetemi i personaggi del libro sono tutt'altro che lontani dal vero, potreste incontrarne facilmente e non solo nella frontiera americana ma anche nelle nostrane campagne e montagne italiane.

[ Via con me - Castle Freeman - Marcos Y Marcos ]



21 nov 2011

Enciclopedia della risata ebraica

Il volumetto"Un'aringa in paradiso" uscito per Einaudi e curato dalla studiosa Elena Lowenthal intende essere una summa sintetica dell'umorismo ebraico.
Una lettura divertente che è anche un modo per conoscere meglio una cultura antica che ha fatto dell'autocritica e dell'autoironia uno dei propri tratti distintivi.
Il paradosso è che molte di queste storielle fulminanti e piene di "Witz" sarebbero tranquillamente annoverabili tra i più riprovevoli pregiudizi antisemiti se pronunciate da un non ebreo.

[ Un'aringa in paradiso - Elena Lowenthal - Einaudi ]

18 nov 2011

Bassotti detective ...

Non si tratta del "Bassotto poliziotto" di Lino Toffolo (chi lo ricorda sta ingrigendo la chioma, come me) bensì di una meravigliosa, direi preziosa collana, denominata "I bassotti", ideata dall'editore Polillo: una serie dedicata al mistery che attinge all meglio della produzione compresa tra il 1920 e il 1940.

La collana ha da poco svoltato il traguardo del numero 100 e per l'occasione propone un cofanetto che contiene un volume con le biografie di tutti gli autori pubblicati nei numeri precedenti, insieme trovate il romanzo "La sera della prima" prova unica del misterioso F.G Parke, uno pseudonimo dietro cui si cela lo sconosciuto autore di questo bel mistery. Un mistero nel mistero: mistero la storia narrata, mistero l'identità dell'autore; una scelta perfetta per celebrare il centesimo volume della collana.
Ho avuto il piacere di iniziare a leggere i Bassotti fin dal primo volume, ad attirare la mia attenzione era stata la veste tipografica, copertina in cartoncino rosso, piccolo formato e disegni retrò sulla prima pagina. Con il tempo ho accumulato un volume dopo l'altro incontrando storie e autori fenomenali,  che per la maggior parte non conoscevo. Tra i tanti titoli meritevoli segnalo in particolare le raccolte dedicate ai racconti di ambientazione natalizia (Delitti di Natale, Altri delitti di Natale), la raccolta "I delitti della camera chiusa", e ancora "I delitti di Praed street" di Rhode.

Una encomiabile operazione di ricerca e riproposta dei tesori del genere, capolavori dimenticati e tesori scoperti quasi per la prima volta. La scelta della limitazione dell'intervallo temporale 1920/1940 fa sì che malgrado le differenze i vari titoli mantengano alcuni caratteri comuni: l'ambientazione retrò, l'assenza (o quasi) di supporti tecnologici alle indagini, l'impianto deduttivo legato alle deduzioni logiche e non scientifiche. Il giallo classico insomma dove ogni lettore può mettere in gioco il proprio acume per risolvere il mistero senza essere esposto ai tranelli di improvvisi interventi "ex machina" da parte degli autori che vanifichino gli sforzi deduttivi del lettore.

Consigliatissimi per gli amanti del genere

Se invece pensate che i gialli non facciano per voi potreste trovarvi a cambiare idea, provare per credere.

[ Collana "I bassotti" - Polillo Editore]
[ (Vol. 100) La sera della prima - F.G. Parke + Gli autori Vita e opere (in cofanetto)  - Polillo editore ]

17 nov 2011

Miccia corta - Una storia di Prima linea

Sergio Segio (Sirio)
Il libro è la storia di una evasione organizzata dai militanti di Prima Linea a favore dei propri compagni in carcere. L'autore è Sergio Segio fondatore di Prima Linea (nome di battaglia "comandante Sirio"), un ricordo di prima mano del clima del tempo, delle illusioni di una generazione e delle infauste conseguenze di scelte troppo radicali di alcuni che trasformarono i propri sogni in incubi (per sé e per gli altri) seminando morte e collezionando decenni di galera. Un pezzetto di storia della lotta armata in Italia di un tempo che fu e per fortuna non è più, ma su cui vale la pena di porsi qualche domanda anche a distanza di anni.

Nel libro si rievoca la vicenda di un giorno soltanto, quello appunto della clamorosa evasione del 3 gennaio 1982 dal carcere di  Rovigo, ma l'affresco è più ampio: un ricordo di un successo di un uomo oggi sconfitto e disilluso che si considerava un combattente e che ha pagato con una lunga  prigionia le proprie azioni e le proprie tragiche decisioni, un uomo che ha sulla coscienza più di un morto a causa di quella intransigenza ideologica che lui stesso, oggi, non esita a riconoscere come "una forma di barbarie".

Da questo libro pubblicato solo al termine del periodo di detenzione dell'autore, è stato tratto il film "Prima Linea" diretto da Renato Maria e interpretato tra gli altri da Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno. Nelle appendici e nelle introduzioni si dà conto delle traversie che hanno accompagnato la realizzazione della pellicola, il che testimonia come le ferite aperte dalla lotta armata siano lungi dall'essere rimarginate. Rispetto al libro il film scava meno nelle pretese motivazioni di allora (sebbene oggi disconosciute) e cede troppo il passo ad una visione unidimensionale del terrorista che forse non aiuta a capire fino in fondo. Forse calarsi nelle motivazioni (per quanto non condivisibili) potrebbe essere un modo migliore non per dare alibi ma per evitare che simili fenomeni possano ripetersi.


[ Miccia corta / Sergio Segio / Derive Approdi ]




16 nov 2011

Rasputin - Un taumaturgo alla corte degli Zar

Rasputin (1869-1916)
Spulciavo una bancarella ed ecco che tra polvere e improbabili testi scolastici d'antan, spunta un volto ipnotico: è il ritratto di Rasputin che capeggia sulla copertina di un vecchio volume (una prima edizione svizzera del 1970) dalla rilegatura rossa e parzialmente in carta bianca, come se portasse le ghette. Sembrava chiamarmi e dopo breve contrattazione è passato nelle mie mani.

Si tratta di una biografia del celebre ed oscuro Rasputin, il taumaturgo alla corte degli Zar
Una lettura affascinante, una vita da romanzo a tinte fosche, guaritore e visionario la sua vita non fu meno rocambolesca e improbabile della sua morte. In più questa edizione ha il fascino della carta vecchia di 40 anni e della stampa bicromatica in rosso e nero di una volta che ben si sposa con le atmosfere rievocate nel testo (la corte degli zar, le lotte di potere, il misticismo), ma credo che possiate trovarne facilmente una riedizione moderna, la storia è affascinante.

[ Rasputin / Gilbert Maire / Edizioni di Cremille ]

23 giu 2011

Le tre bare - Un classico enigma della camera chiusa

J. Dickinson Carr
Curiosavo tra le bancarelle dei libri usati quando ho trovato questo classico dell’americano  John Dickson Carr (1906-1977) e non ho saputo resistere. 

Il libro pubblicato per la prima volta nel 1935 racconta di un omicidio impossibile avvenuto in una camera chiusa dall’interno in una casa piena di testimoni che non hanno visto nulla di utile a spiegare il delitto. Un quadro con tre bare nella camera del morto, uno strano  visitatore scomparso nel nulla, una profezia di morte che si è avverata. La soluzione non richiederà l’intervento del soprannaturale ma il lettore avrà il suo bel daffare per venire a capo del mistero.

Un cammeo: nel libro il protagonista fa una lunga digressione sulle varianti letterarie del delitto della camera chiusa. 

Un consiglio per chi vorrà raccogliere la sfida, per la soluzione tenete a mente l’insegnamento del grande Sherlock Holmes “Una volta escluso l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, non può essere che la verità”.


[ Le tre bare / John Dickson Carr / Feltrinelli ]

16 giu 2011

Arcangeli - 12 rivoluzionari veri con vite da romanzo

Paco Ignacio Taibo II

In questo bel libro del 1998 il cui sottotitolo recita eloquentemente “Dodici storie poco ortodosse di rivoluzionari del XX secolo” sono raccolte le vite e le gesta romanzesche (ma vere) di eroi dimenticati dalla storia, combattenti per l’uguaglianza morti per un’ideale di libertà. 

Lo stile immaginoso è sempre coinvolgente e scorrevole, ma sopratutto fieramente partigiano al limite dell’epica. 
Storie d’altri tempi, di estremismi e di scelte senza mediazioni. Nostalgico fin quasi alla commozione, programmaticamente suggestivo e didattico sui terribili sacrifici che hanno reso possibile a noi contemporanei di godere dei vantaggi delle democrazie moderne. Valori tutt’altro che scontati e che sono costati incrollabile determinazione e sprezzo del sacrificio.

Una varia umanità in salsa sudamericana (ma non solo) fatta di rivoltosi, cospiratori, assassini dalle pretese etiche; vite sospese tra mito e realtà, briganti per alcuni, eroi per altri, come Zorro e Robin Hood. 
Paco Ignacio Taibo II nato in Spagna nel 1949 (ma vive a città del Messico da quando aveva 9 anni) è l’autore di questa eccellente antologia di biografie “di parte”.  
Consigliatissimo, per stile e immaginazione. E poi è tutto vero!
La storia che ho preferito è quella del sindaco di Acapulco, Juan R. Escudero: due volte assassinato e due volte resuscitato, fino alla clamorosa vittoria elettorale.
[ Arcangeli / Paco Ignacio Taibo II / Net ]

10 giu 2011

Il guscio della tartaruga - Suggestive biografie mignon.

Silvia Ronchey

In questo libro troverete oltre sessanta micro biografie di vari personaggi dalla A di Agostino alla Z di Zenone passando per Doyle, Freud, Kerouac, Perrault, Rilke, Saffo, Huxley, Stevenson, solo per citarne alcuni. Miniature preziose come quelle di un codice medioevale, compilate da Silvia Ronchey che non lesina la sua erudizione di professoressa di filologia classica e civiltà bizantina. 

Il collage di citazioni “di” e “su” gli autori qui ritratti si chiude con un piccolo quiz cui rispondere online sul sito dell’editore, risolvendolo otterrete la possibilità di scaricare un pdf con la mappa completa delle citazioni.
[ Il guscio della tartaruga / Silvia Ronchey / Nottetempo ]


5 giu 2011

Natascha Kampusch - Prigioniera dell'orco

Recentemente Natascha Kampusch è nuovamente balzata alle cronache del 2011 per un premio ricevuto a Vienna per la sua autobiografia intitolata "3096 giorni" pubblicata in Austria nel 2010. Io non ho letto questo libro (disponibile in Italia presso Bompiani) ma all'epoca dei fatti avevo letto l’inchiesta giornalistica a cura di Allan Hall e Michael Leidig, uscita nel 2006, che cercava di fare luce sull'incredibile storia di Natascha.

Per chi non la ricordasse:  Natascha guadagnava di nuovo la libertà  il 23 agosto 2006, pallida e debilitata per la mancata esposizione alla luce solare durata otto lunghi anni. Era stata rapita quando aveva 10 anni, poi aveva vissuto 3096 giorni prigioniera in un bunker seminterrato di soli cinque metri quadri. Il suo carceriere non avrebbe dato spiegazioni agli inquirenti, avvedutosi della fuga della ragazza si sarebbe ucciso poco dopo. 

Dopo la liberazione i riflettori si accesero su quella diciottenne, troppo sicura di sé, che rifiutava l’etichetta di vittima per sé ma anche quella di rapitore per il suo carceriere.
Qualcosa non tornava. L’orco delle fiabe era esistito davvero e viveva a Vienna. Ma come è possibile? chi era? nessuno sapeva? e ora che è tutto finito che cosa sarà di questa donna/bambina? chi potrà aiutarla? potrà mai superare la cosa? e come?

Natasha a 18 anni
Il libro del 2006 è molto interessante ma richiede stomaci forti: difficile non essere turbati dalla storia. Ciò che più disturba è la banalità del male del mostro della porta accanto, dell’orco che potrebbe essere il tuo vicino di casa. Dell’angoscia e dell’orrore per una bambina che diventa donna in balia di un pazzo maniaco, invecchiando in una cella sotterranea che era tutto e il solo suo mondo. 

Mi sento di consigliarlo anche se la lettura può provocare incubi.

Per quanto riguarda l'autobiografia invece come dicevo non l'ho letta ma potrebbe essere interessante.
Purtroppo la cronaca degli ultimi anni ha scoperto nuovi casi: nel 2008 è esploso un altro caso terribile caso in Austria, Elisabeth Fritzl che aveva vissuto imprigionata per 24 anni in un bunker sotterraneo costruito dal padre. Poi nel 2009 la statunitense Jaycee Dugard rapita a undici anni e tenuta segregata per i successivi 18 anni.


[ Natascha. Otto anni con l’orco / Allan Hall e Michael Leidig / Sperling  & Kupfer ]

2 giu 2011

Battle Royale - Lotta per la vita made in Japan

Koushun Takami

Bellissimo, un inno postmoderno alla libertà. 
Capolavoro Pulp.
La storia è ambientata nel 1997 nella Repubblica della Grande Asia dell’est, come tutti gli anni una scolaresca sarà sorteggiata per un gioco sperimentale, i ragazzi saranno spinti a  uccidersi tra loro, tutto è permesso tranne scappare (sono stati portati su una piccola isola), ne sopravviverà uno solo, appunto “battle royale”: “tutti contro tutti”. Non ci si può fidare di nessuno, alla prima occasione meglio uccidere per primi, o no?

Il libro procede implacabile con la conta dei sopravvissuti (si comincia con 42) che cala paurosamente capitolo dopo capitolo in una folle escalation di violenza, intanto la piccola mappa allegata aiuterà il lettore a seguire i movimenti dei personaggi sull’isola quasi come in un gioco da tavolo. Il finale a sorpresa sarà l’ultimo suggello di una lettura dal ritmo serrato e coinvolgente. 
Preparatevi alla lotta! Il gioco ha inizio.

Pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1999 il libro è stato un enorme successo; molto controverso, è tuttora un cult. La trama truculenta si offre a interpretazioni molteplici, dalla critica del darwinismo sociale, alle implicazioni politiche. Come tutti i capolavori non si esaurisce in banali semplificazioni ma sprigiona simboli e allegorie.
Consigliatissimo anche se il pulp non è il vostro genere.

[ Battle Royale /  Koushun Takami / Feltrinelli ]


1 giu 2011

Internet ci rende stupidi? - di Nicholas Carr

Nicholas Carr
Quanto il computer condiziona il nostro modo di ragionare? e quanto questo aiuto ci rende più brillanti? 
Nicholas Carr, saggista e collaboratore dei prestigiosi New York Times, The Financial Times e Wired, ci accompagna in una indagine su come l’uso di Internet stia condizionando e cambiando il nostro modo di pensare. Anzi, secondo Carr è proprio la straordinaria efficienza di  Internet a indebolire le nostre facoltà e a guidarci nostro malgrado verso una nuova forma di stupidità e di omologazione. 

Carr semina nel saggio numerose suggestioni e mette in guardia da alcuni pericoli: la tendenza a essere superficiali, la riduzione delle capacità di concentrazione, il fatto che gli strumenti tecnici ci costringano ad adeguarci a loro e non viceversa. Proprio quest’ultimo pericolo è forse l’idea più suggestiva propugnata da Carr, che chiama a sostegno addirittura il pensatore abissale per eccellenza, il profeta della morte di Dio, Friedrich Nietzsche. Nel libro viene infatti ricordato uno scambio epistolare tra il filosofo e il suo amico Koselitz, questi ebbe a scrivergli “i miei pensieri in musica e in lingua spesso dipendono dalla qualità della penna e dalla carta” e Nietzsche rispose “hai ragione, i nostri strumenti di scrittura hanno un ruolo nella formazione dei nostri pensieri”. Da poco aveva ricevuto una macchina per scrivere e secondo Carr fu proprio questo a condizionare lo stile della sua scrittura verso lo stile aforistico che caratterizza le opere successive. Non c’è dubbio che l’idea sia intrigante, ma è falsa: come ha ricordato recentemente il filosofo italiano Maurizio Ferraris in realtà Nietzsche usò la macchina per scrivere solamente per redigere poche lettere, tutte le opere filosofiche continuarono ad essere scritte a mano nella sua calligrafia quasi indecifrabile. 

Altri spunti sono più interessanti: l’aneddoto sulle reazioni contrastanti alla presentazione del multitasking negli anni ’70 e sugli effetti negativi rilevati negli anni 2000; l’idea della “rete”  come sistema di interruzione sistematica dell’attenzione, come tecnologia della dimenticanza.

Il taglio divulgativo e lo stile giornalistico rendono il testo didattico e di rapida lettura anche se avrei preferito che alcuni temi fossero stati trattati con minore superficialità. Un libro da leggere con un po’ di spirito critico, più che per trovare le risposte per ri-imparare a farsi domande. Internet certamente non è la risposta a tutte le domande come vorrebbe Google ma neppure è  un nemico stile Spectre. Si tratta di usarlo criticamente e non esserne usati. Più che da internet in sé guardatevi dal marketing che vi si nasconde.

[ Internet ci rende stupidi? /  Nicholas Carr / Raffaello Cortina ]

William S. Burroughs - Lo chiamavano “il prete”, fu lo sciamano dei Beat.

"il Prete"
Tutto nella vita di William Seward Burroughs (1914-1997) è stato eccessivo, persino la durata visto che malgrado gli eccessi di tutti i tipi, contro ogni pronostico, è morto alla veneranda età di 83 anni. Americano di famiglia aristocratica e ricca, si laureò ad Harward, poi il resto della sua vita è totalmente fuori dagli schemi: tossicomane, spacciatore, artista, scrittore; per oltre cinquant’anni ha perseguito ogni sorta di sperimentazione: spedizioni nella giungla, droghe, stili di vita alternativi, scrittura creativa, stravaganti esperimenti di magia. 
Burroughs era uno dei Beat, anzi il più vecchio visto che anagraficamente apparteneva alla generazione precedente; lo si poteva capire anche dal vestire, classico, in rendigote e cappello, sempre di nero, che gli valse il soprannome de “il Prete”. Il più estremo dei beat abusò del proprio corpo come pochi altri, la droga (tutte le droghe) fu una presenza costante nella sua vita e anche quando dopo molti anni ne uscì, continuò a condizionarne il pensiero e la creatività. Tra i suoi sodali e amici Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Ian Sommerville, Gregory Corso, Peter Orlowsky, Bryon Gysin. 
Ginsberg - Carr - Burroughs
Passò circa mezzo secolo vivendo ai margini (reietto sociale, tra abissi di degrado fisico e morale) pensando solo a spingersi sempre oltre, schivo fino alla paranoia, quando viveva in Marocco  aveva sviluppato una tecnica per diventare invisibile, nel senso che riusciva ad evitare di entrare in contatto con la varia umanità disperata che normalmente lo avrebbe assediato di richieste e/o profferte di ogni genere, scivolando tra la folla come un’ombra, perfettamente adattato e confuso nell’ambiente, diventato virtualmente trasparente. Per contro è  divenuto un mito vivente, un’icona (persino per i Beatles che vollero omaggiarlo inserendolo nella celebre copertina di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band). 
Burroughs ha trascorso gli ultimi anni in un ritiro fin troppo borghese tra gli amati gatti in una anonima cittadina di provincia, ma non senza continuare a sperimentare: collage di tracce audio, comparsate in dischi e videoclip (es. Kurt Kobain, U2), quadri ottenuti sparando a contenitori di vernice con il proprio fucile.
In mezzo, tutto il possibile e anche di più: la vita da fuorilegge (spacciatore, consumatore di droghe, ladro); l’omosessualità (sbandierata in pieno maccartismo, quando la sodomia era reato) ma anche una famigliola quasi standard, con una moglie (morta nel 1951 per un  colpo di revolver alla testa sparato dal marito mentre giocavano a Guglielmo Tell) e un figlio; le spedizioni nella giungla della Colombia (come un Indiana Jones tossicomane alla ricerca della droga perfetta).  

Burroughs viaggiò molto e visse anche per alcuni anni in luoghi diversissimi: fu a New York nei primi anni ’40,  per poi virare a sud Texas, Luisiana, Messico; toccò il fondo a Tangeri (la vera “Interzona”, zona franca, crocevia di traffici illegali, qui discese l’abisso autodistruttivo della depressione sprofondando sempre più tra droghe, sesso mercenario e cimici) tra il ’58 e il ’60, seguiranno Parigi, Londra, il ritorno negli Usa e infine il buen retiro a Lawrence.
Quanto alle opere, “il Prete” si caratterizza per la crudezza delle descrizioni, un vero pugno nello stomaco, allucinato e con una tendenza per il disgustoso: fluidi corporei,  amplessi, sodomia, tossico dipendenza, percezioni distorte, creature mostruose, droghe per il controllo della mente, critica del totalitarismo, cospirazioni, sesso omosessuale, scene di morte, eiaculazioni, impiccagioni, insetti parlanti, bombe atomiche, flash back, western, pirati, malattie mortifere, futuri alternativi, e molto di più.
Bill con la pistola
Il capolavoro assoluto è “Il pasto nudo” (orig. Naked Lunch), che esplose come una bomba  al neutrone nell’America benpensante quando fu pubblicato per la prima negli Usa nel 1962 dopo tre anni di censure, resistenze, veti e accuse di oscenità seguite alla prima edizione di Parigi nel 1959 ad opera dell’editore pornografo Girodias. 
“Il pasto nudo” descrive una sorta di gironi infernali, un perenne stato allucinatorio, esseri mostruosi, droghe per il controllo mentale, cospirazioni totalitarie, omosessualità ostentata, morte. Del tutto fuori dall’ordinario per stile e contenuto, come spiegò lo stesso Burroughs il libro si articola in tre movimenti, la semplice trasposizione degli incubi da droghe, la rivisitazione artistica di tali allucinazioni e infine l’estrapolazione del significato profondo. Un libro dirompente e politico, intenzionalmente crudo, urticante, sadico, grottesco, uno schiaffo menato per fare male. Un incubo allucinato che sa vedere chiaro dietro la patina illusoria della normalità che occulta violenza e forme di controllo globale. I manoscritti da cui Burroughs trasse Naked Lunch risalgono al periodo di Tangeri (1954/58), fu lì che maturò l’idea dell’Interzona, una sorta di limbo (spazio fisico e mentale) dove la normalità borghese è sospesa e dove le pulsioni non vengono frenate e le fantasie (anche quelle più sadiche) si realizzano, qui il “sistema” mostra il suo lato oscuro, un mondo di feroce violenza popolato di diseredati e perdenti.
Al Festival delle Arti di Edimburgo nel ’62 dopo l’accorata difesa di Burroughs per il proprio libro che riceveva resistenze alla pubblicazione in America, Mailer concluse: ”Forse che dovremmo penetrare questa terribile barriera di sesso, sadismo, oscenità, orrore e altro, perché, in qualche modo, la coscienza dell’uomo occidentale è divenuta, nell’insieme, fangosa, rifiutandoci di entrare? E perché i nazisti sono stati così atroci, dobbiamo, per il resto della nostra vita, rifiutarci di guardare questi fenomeni? Noi dobbiamo superare questa limitazione, ecco perché dò il benvenuto al romanzo del signor Burroughs: egli vi è penetrato più di qualsiasi scrittore occidentale di oggi.” ...finalmente sdoganato, iniziò il mito.
Burroughs è l’inventore di una tecnica di scrittura che potrà destare qualche stupore: il Cut-up che prevede la scomposizione e ricomposizione del testo mediante un processo di taglia e incolla; a questo aggiunse il Fold-in mediante il quale si mescolano testi di autori diversi; una sorta di processo quasi meccanico (che Burroughs chiama Routine) che altera  il testo fino a costruire un nuovo messaggio. (Non vi ricorda “La biblioteca di Babele” di Borges?)  
Detto questo risulteranno comprensibili le polemiche che nel 1983 accompagnarono la sua nomina tra i membri dell’Accademia Americana e Istituto di Arte e Lettere: molti polemizzarono sul fatto che i libri di Burroughs erano frutto del caso, con il suo cut-up e fold-in infatti “non scriveva”,  faceva collage rubando spunti qua è là; altri resuscitarono i vecchi ritornelli: pornografia, sadismo, oscenità. Ciò nonostante Burroughs fu nominato membro dell’Accademia. Per tutta la vita aveva preconizzato le strutture di controllo e denunciato il “sistema”, ora a 69 anni, il “Sistema” invece di espungerlo cercava di renderlo inoffensivo inglobandolo, letteralmente assimilandolo. Burroughs accettò con un piccolo inchino. Più tardi avrebbe detto all’amico Meyer: “Quella gente vent’anni fa andava dicendo che il posto più adatto a me era la galera. adesso vanno fieri che io appartenga al loro gruppo. Non li ho mai ascoltati prima , e non gli darò certo retta adesso”.
Scegliendo nella vasta produzione di Burroughs oltre al succitato “Pasto nudo”, consiglio:
La scimmia sulla schiena (orig. Junkie 1953) - Un crudo e realista resoconto autobiografico sulla dipendenza dalla droga. A dispetto di quanto si potrebbe pensare è un libro contro la dipendenza da droghe che cerca di indicare una via d’uscita.
Burroughs e Kerouac
La morbida macchina (orig. The soft machine 1961) - Ottimo esempio della tecnica cut-up inventata da Burroughs “Tagliate le linee delle parole! Fate a pezzi le immagini di controllo! Fate a pezzi la macchina di controllo!”
Sterminatore (orig. Exterminator  1966) - Una raccolta di racconti. Consigliatissimo è probabilmente il miglior approccio allo stile di Burroughs, iniziare con Naked Lunch sarebbe come pretendere di familiarizzare con le tecniche di scalata partendo subito in cordata sulla parete nord del Eiger.
Le lettere dello Yage (1963) - Raccolta della corrispondenza Burroughs/Ginsberg relative alle rispettive sperimentazioni di una droga allucinogena da presunti poteri telepatici, lo  Yage
Le città della notte rossa (orig. Cities of the red night 1981) - Storia di pirati à la Burroughs. La storia vera della leggendaria colonia “Libertatia” fondata da un gruppo di pirati guidati dal capitano Mission verso la fine del seicento in Madagascar, il tutto virato sull’immaginario di Burroughs. Una storia alternativa frutto di Cut-up, Fold-in e spostamenti temporali dove si mescolano passato e futuro. Bellissimo!


In Italia le opere di Burroughs sono pubblicate da SugarCo; alcuni titoli sono reperibili anche come Adelphi, Arcana e Shake.
Altri titoli troveranno spazio in ulteriori post.
BIOGRAFIE, consiglio:
  • Fuorilegge della letteratura (di Ted Morgan 1988) - Ricca e interessante biografia che ha il pregio di fare un quadro della cultura e dei pregiudizi dell’epoca in cui Burroughs scriveva i suoi libri più controversi. reperibile in italiano nella bella edizione SugarCo.
  • La vita e l’eredita di William S. Burroughs (di Graham Caveney 1997) - Un vero feticcio, foto, disegni, collage, interviste curiosità. Per i fan imperdibile.
- Curiosità_-
Nel 1991 il regista David Cronenberg ha tentato l’impossibile con una trasposizione cinematografica dell’immaginario di Burroughs, il film intitolato “Il Pasto nudo” (orig. Naked lunch) mescola episodi biografici ed elementi dei romanzi. Lo stato allucinatorio e la natura organica della droga per il controllo è reso con maestria, fantastica la macchina per scrivere vivente a metà tra incubo e sogno erotico. Come per i libri: inadatto a stomaci delicati.  

Per i veri fan segnalo “The Naked Lunch - The restored text.” (testo originale in inglese) nell’edizione Grove Press NY, curata da James Grauerholz e Barry Miles, con la trascrizione della versione restaurata del manoscritto originale. Io ho avuto il piacere di comprarne una copia a San Francisco nella celeberrima libreria City Lights Book, tempio dei Beat. Comunque si può ordinare online.



31 mag 2011

Assassini di sbirri - di Frédéric H. Fajardie

Frédéric H. Fajardie
Il libro è un noir ambientato in una Parigi anni ’70, il protagonista un disincantato e colto commissario di origini italiane indaga su una serie di efferatissimi omicidi rituali (e dalla complessa simbologia) ai danni dei rappresentanti della giustizia (poliziotti, magistrati, politici). Malgrado la bassa macelleria degli assassinii il vero orrore è il quadro sociale che emerge, fatto di emarginazione e soprusi; la descrizione della polizia (e in generale delle emanazioni dello Stato) poi è desolante: corruzione, cattiva coscienza, violenza gratuita, abuso di potere, fascismo strisciante. 
Il protagonista prova maggiore empatia per i diseredati, per le vittime del sistema, piuttosto che per i colleghi alfieri dell’ordine, in un certo senso vive un conflitto interiore. Sarà proprio questa sensibilità umana a guidarlo verso la soluzione dei delitti che appunto hanno un obiettivo politico, innescare la rivolta. Senza capire davvero cosa sta succedendo le forze dell’ordine (che non sono esattamente i buoni) faranno comunque progressi avvicinandosi agli assassini fino a chiuderne l’avventura nel sangue.
La trama è dichiaratamente una rivisitazione contemporanea (e molto libera) dell’Orestea di Eschilo, di qui il simbolismo rituale dei delitti. La vendetta, audace, implacabile, violenta, è il tema conduttore del libro. Violenza reclama altra violenza, non c’è scampo. Qua e là qualche spunto umoristico interviene di tanto in tanto a spezzare il climax. 
La chiave di tutto è ben sintetizzata verso la fine del romanzo quando uno degli assassini in fuga e ormai braccato sta ripensando agli omicidi commessi: “aveva la sensazione che la miseria gli sarebbe rimasta appiccicata alla pelle fino all’ultimo respiro. Avevano ceduto al gusto dello spettacolo, alla voglia di dare un esempio. Bisognava pur cominciare... Altri si sarebbero ribellati” (come in “Tupamaros a Berlino Ovest”).
Leggendo questo libro non ho potuto fare a meno di pensare alla serie del commissario Martin Beck scritta negli anni ‘60 e ’70 dai coniugi svedesi Maj Sjöwall e Per Wahlöö (che consiglio sicuramente). Malgrado le differenze, molto lontano dalle tinte forti quasi pulp di Fajardie, in entrambi i casi l’elemento principale è la critica sociale, la società iniqua e una desolante polizia fascistoide, disorganizzata, ottusa, presuntuosa, assurdamente violenta e guidata da infami pregiudizi, che rendono la macchina della giustizia un girone dantesco da cui si sente il bisogno di scappare. Certo in entrambi i casi i protagonisti, seppur come pesci fuor d’acqua, rappresentano la buona coscienza dell’intera categoria.
Fajardie
L’autore Fajardie (1947-2008) attivista politico, scrittore e sceneggiatore, insieme a Manchette e Vautrin, è uno dei creatori del genere Neo-polar ovvero per usare le parole di Jean-Patrick Manchette “Polar vuol dire romanzo noir violento” “Mentre il romanzo a enigma di scuola inglese vede il male nella natura umana, il polar vede il male nell'attuale organizzazione sociale. Un polar parla di un mondo che ha perso il suo equilibrio e che quindi è labile, destinato ad andare in rovina e a scomparire. Il polar è la letteratura della crisi”. 
“Tueurs de flics” scritto nel 1975 e pubblicato la prima volta nel ’79 è li primo libro della serie noir che ha come protagonista il commissario Tonio Padovani. Alla prima edizione in lingua italiana (2011) il libro è corredato di utili note ad opera del traduttore (Giovanni Zucca) che aiutano a inquadrare il contesto culturale della Parigi anni ’70 guidando il lettore tra allusioni e riferimenti politici e di cultura popolare che altrimenti rischierebbero di andare perduti (ho davvero apprezzato la cosa). L’editore Aìsara ha già annunciato la prossima pubblicazione del secondo libro della serie, attendo impaziente. 
[ Assassini di sbirri / Frédéric H. Fajardie / Aìsara ]


28 mag 2011

Nekros - Lovecraft all’ombra del Vesuvio


Ugo Ciaccio
Un piccolo editore fallito che sbarca il lunario pubblicando a pagamento immondizia letteraria, riceve una richiesta di pubblicazione di uno strano libro scritto in latino, il titolo “Necronomicon” non gli dice nulla. L’incubo però irrompe presto nello squallido tran tran dell’editore: il cliente è stato ucciso, e adesso  qualcuno lo segue e lo minaccia. Intanto viene in possesso del libro ma una conoscente che se ne intende lo ha informato che il Necronomicon in teoria non esiste, solo qualche citazione inventata da uno scrittore americano: Lovecraft. Eppure un uomo è morto, e qualcuno (o qualcosa) è in agguato nel buio e vuole il libro. Bisogna scoprire la verità (del libro) ma anche restare vivi. Si susseguono efferati omicidi e la percezione della realtà incomincia a incrinarsi facendo posto all’allucinazione. Il libro diventa un ossessione mortale.

Il libro è piacevole specie se avete già letto Lovecraft. Mi sarebbe piaciuto che alcuni spunti fossero stati maggiormente sviluppati (lo stato allucinatorio/onirico come varco dimensionale, l’ossessione maniacale per il libro maledetto, la setta segreta) e poi mancavano i gorgoglii e il tanfo di batrace, ma sarebbe stato un “rifare” Lovecraft cosa che saggiamente l’autore ha evitato virando su un canovaccio più mistery che fantasy, tra falsari di libri antichi, collezionisti, religiosi, editori tossicomani e verità tanto antiche quanto scomode, per le quali si può uccidere.

L’autore Ugo Ciaccio, classe 1969, vive e lavora a Napoli dove per passione colleziona e falsifica testi antichi. Necros è il suo primo romanzo, attendiamo con curiosità il prossimo.

[ Nekros - Ugo Ciaccio - Bietti ]


Post correlati:


Segue l'INTERVISTA all’autore Ugo Ciaccio (scoprirete come diventare possessori di una autentica copia dell’infame Necronomicon)

17 mag 2011

Salone del libro di Torino 2011


Si è appena chiusa la kermesse libraria torinese e naturalmente non ci siamo fatti mancare una visita.
Ottima occasione per curiosare tra i cataloghi dei piccoli editori, maneggiare i libri per gustarsi il contatto con la carta, l'impaginazione, le copertine.
Qua e là si incontra qualche autore con cui è il più delle volte possibile fermarsi a chiaccherare della sua ultima fatica certo ma non solo, si divaga sui gusti letterari, sull'uso del computer e sugli e-book (quest'anno i tablet reader erano in bella mostra in quasi tutti gli stand)

Seguiranno a brevissimo ulteriori post sui libri che abbiamo notato mentre gironzolavamo tra gli stand come cani da tartufo alla ricerca di tesori nascosti.


15 apr 2011

Hiroshima mon amour


Terremoto, tsunami e incubo atomico in Giappone.
Non è la sinossi di un disaster movie ma purtroppo la sintesi della cronaca recente del terremoto che ha colpito l'area a nord di Tokio. Parleremo di libri ma la tragica cronaca recente obbliga a un commento. Ho avuto la fortuna di visitare il Giappone nel 2010 esattamente nello stesso periodo in cui poi nel 2011 si è verificato il terremoto, il sollievo di averla scampata amplifica l'empatia per la disgrazia, per un popolo di grandissima civiltà e un territorio di rara bellezza. Visitare il Giappone è stata un'esperienza stupenda, sopratutto per l'impatto con una cultura così diversa e così incredibilmente urbana e civile; se già per un italiano andare in scandinavia significa impattare con un mondo più civile, ordinato e cortese; andare in Giappone è come catapultarsi nel pianeta dell'efficienza e della cortesia, il tutto condito da uno spaesante mix di tradizioni millenarie e tecnologia del futuro. Atterrare a Tokio arrivando dall'Europa è come vedere il futuro, visitare i templi di Nara e Nikko è come ritornare nel passato. Appena rientrato sarei ritornato indietro subito e spero di visitare ancora il Giappone. Soprattuto mi e gli auguro che l'allarme radioattivo possa rientrare presto ed essere circoscritto il più possibile; durante il viaggio in Giappone ho visitato Hiroshima: il museo sulla bomba toglie il fiato. Mi auguro che questa ennesima tragedia possa scuotere le coscienze sui rischi tutt'altro che teorici legati all'energia atomica.
Chiusa la parentesi torniamo ai libri.

Visto quanto detto prima è impossibile non ricordare "Il gran sole di Hiroshima" ( titolo originale Sadako Will Leben) romanzo pluripremiato di Karl Bruckner del 1961. Lo lessi da bambino, tragicissimo. Si parla della bomba e delle conseguenze infide dell'esposizione alle radiazioni, l'autore come avrete intuito dal nome non è giapponese ma austriaco.

Non ho un'articolata conoscenza della letteratura giapponese ma devo dire che tutto quello che ho letto l'ho sempre trovato sorprendente e delizioso: consiglio "Kitchen" romanzo del 1988 di Banana Yoshimoto e "Norwegian Wood" (orig. Noruwei no mori) romanzo di Haruki Murakami del 1987.

Consiglio il caso letterario di "Install" opera d'esordio del 2001 dell'allora diciassettenne Wataya Risa, un romanzo breve, vero capolavoro, sul tema della sindrome di Hikikomori, una sorta di misantropia patologica per cui i malati si ritirano nella propria stanza isolandosi dal mondo e da ogni contatto sociale (o almeno dalla maggior parte). Un fenomeno ora non più soltanto giapponese anche se nasce in quel particolare contesto culturale di omologazione e competizione estremizzata tipica delle grandi città giapponesi.

Restando sui comportamenti più sorprendenti agli occhi di noi occidentali consiglio il saggio "Generazione Otaku" dello studioso Hiroki Azuma, un vero affresco di questo particolare fenomeno postmoderno cliché di giapponesità che in realtà si è diffuso, sia pur mutato, anche in altri paesi industrializzati (delizie della globalizzazione), il saggio è stato pubblicato in italiano nel 2010 da Jaca Book.

Per quanto riguarda la letteratura giapponese di taglio più classico consiglio la lettura dei capolavori dei premi Nobel Kawabata e Mishima. Ottime le edizioni in volume dei Meridiani Mondadori, ma si trovano i singoli romanzi anche in edizione Einaudi e Feltrinelli.
Recentemente ho letto "Il paese delle nevi" (1948) di Kawabata veramente intenso su una storia d'amore, il capolavoro però, per me è "La casa delle belle addormentate" (1961), bellissimo. (Kawabata fu il maestro e scopritore di Mishima, come il suo discepolo anch'egli si tolse la vita).
Di Mishima ho già parlato in un altro post , è un autore controverso dall'irricevibile nazionalismo nostalgico (e pensare che da giovane si considerava di sinistra) ma è un autore di innegabile maestria, le sue storie e il suo stile sono affascinanti e unici. Di Mishima probabilmente il meglio risale a prima della fondazione del Tate no Kai (Società degli scudi), il suo "esercito privato". Su Mishima consiglio una breve ma interessantissima raccolta di interviste "Le ultime parole di Mishima" di Furubayashi Takashi e Kobayashi Hideo, entrambi noti critici letterari autori delle interviste. Vale una menzione speciale la lunga intervista di Furubayashi Takashi il quale pur essendo di orientamento politico marxista in aperto contrasto con le idee di Mishima, ne subisce il fascino letterario instaurando un contraddittorio molto interessante.


[ Generazione Otaku / Hiroki Azuma / Jaca Book ]
[ Install / Wataya Risa / Einaudi ]
[ La casa delle belle addormentate / Kawabata / Mondadori ]
[ Le ultime parole di Mishima / Furubayashi Tahashi, Kobayashi Hideo / Feltrinelli ]


Post correlati: