23 giu 2011

Le tre bare - Un classico enigma della camera chiusa

J. Dickinson Carr
Curiosavo tra le bancarelle dei libri usati quando ho trovato questo classico dell’americano  John Dickson Carr (1906-1977) e non ho saputo resistere. 

Il libro pubblicato per la prima volta nel 1935 racconta di un omicidio impossibile avvenuto in una camera chiusa dall’interno in una casa piena di testimoni che non hanno visto nulla di utile a spiegare il delitto. Un quadro con tre bare nella camera del morto, uno strano  visitatore scomparso nel nulla, una profezia di morte che si è avverata. La soluzione non richiederà l’intervento del soprannaturale ma il lettore avrà il suo bel daffare per venire a capo del mistero.

Un cammeo: nel libro il protagonista fa una lunga digressione sulle varianti letterarie del delitto della camera chiusa. 

Un consiglio per chi vorrà raccogliere la sfida, per la soluzione tenete a mente l’insegnamento del grande Sherlock Holmes “Una volta escluso l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, non può essere che la verità”.


[ Le tre bare / John Dickson Carr / Feltrinelli ]

16 giu 2011

Arcangeli - 12 rivoluzionari veri con vite da romanzo

Paco Ignacio Taibo II

In questo bel libro del 1998 il cui sottotitolo recita eloquentemente “Dodici storie poco ortodosse di rivoluzionari del XX secolo” sono raccolte le vite e le gesta romanzesche (ma vere) di eroi dimenticati dalla storia, combattenti per l’uguaglianza morti per un’ideale di libertà. 

Lo stile immaginoso è sempre coinvolgente e scorrevole, ma sopratutto fieramente partigiano al limite dell’epica. 
Storie d’altri tempi, di estremismi e di scelte senza mediazioni. Nostalgico fin quasi alla commozione, programmaticamente suggestivo e didattico sui terribili sacrifici che hanno reso possibile a noi contemporanei di godere dei vantaggi delle democrazie moderne. Valori tutt’altro che scontati e che sono costati incrollabile determinazione e sprezzo del sacrificio.

Una varia umanità in salsa sudamericana (ma non solo) fatta di rivoltosi, cospiratori, assassini dalle pretese etiche; vite sospese tra mito e realtà, briganti per alcuni, eroi per altri, come Zorro e Robin Hood. 
Paco Ignacio Taibo II nato in Spagna nel 1949 (ma vive a città del Messico da quando aveva 9 anni) è l’autore di questa eccellente antologia di biografie “di parte”.  
Consigliatissimo, per stile e immaginazione. E poi è tutto vero!
La storia che ho preferito è quella del sindaco di Acapulco, Juan R. Escudero: due volte assassinato e due volte resuscitato, fino alla clamorosa vittoria elettorale.
[ Arcangeli / Paco Ignacio Taibo II / Net ]

10 giu 2011

Il guscio della tartaruga - Suggestive biografie mignon.

Silvia Ronchey

In questo libro troverete oltre sessanta micro biografie di vari personaggi dalla A di Agostino alla Z di Zenone passando per Doyle, Freud, Kerouac, Perrault, Rilke, Saffo, Huxley, Stevenson, solo per citarne alcuni. Miniature preziose come quelle di un codice medioevale, compilate da Silvia Ronchey che non lesina la sua erudizione di professoressa di filologia classica e civiltà bizantina. 

Il collage di citazioni “di” e “su” gli autori qui ritratti si chiude con un piccolo quiz cui rispondere online sul sito dell’editore, risolvendolo otterrete la possibilità di scaricare un pdf con la mappa completa delle citazioni.
[ Il guscio della tartaruga / Silvia Ronchey / Nottetempo ]


5 giu 2011

Natascha Kampusch - Prigioniera dell'orco

Recentemente Natascha Kampusch è nuovamente balzata alle cronache del 2011 per un premio ricevuto a Vienna per la sua autobiografia intitolata "3096 giorni" pubblicata in Austria nel 2010. Io non ho letto questo libro (disponibile in Italia presso Bompiani) ma all'epoca dei fatti avevo letto l’inchiesta giornalistica a cura di Allan Hall e Michael Leidig, uscita nel 2006, che cercava di fare luce sull'incredibile storia di Natascha.

Per chi non la ricordasse:  Natascha guadagnava di nuovo la libertà  il 23 agosto 2006, pallida e debilitata per la mancata esposizione alla luce solare durata otto lunghi anni. Era stata rapita quando aveva 10 anni, poi aveva vissuto 3096 giorni prigioniera in un bunker seminterrato di soli cinque metri quadri. Il suo carceriere non avrebbe dato spiegazioni agli inquirenti, avvedutosi della fuga della ragazza si sarebbe ucciso poco dopo. 

Dopo la liberazione i riflettori si accesero su quella diciottenne, troppo sicura di sé, che rifiutava l’etichetta di vittima per sé ma anche quella di rapitore per il suo carceriere.
Qualcosa non tornava. L’orco delle fiabe era esistito davvero e viveva a Vienna. Ma come è possibile? chi era? nessuno sapeva? e ora che è tutto finito che cosa sarà di questa donna/bambina? chi potrà aiutarla? potrà mai superare la cosa? e come?

Natasha a 18 anni
Il libro del 2006 è molto interessante ma richiede stomaci forti: difficile non essere turbati dalla storia. Ciò che più disturba è la banalità del male del mostro della porta accanto, dell’orco che potrebbe essere il tuo vicino di casa. Dell’angoscia e dell’orrore per una bambina che diventa donna in balia di un pazzo maniaco, invecchiando in una cella sotterranea che era tutto e il solo suo mondo. 

Mi sento di consigliarlo anche se la lettura può provocare incubi.

Per quanto riguarda l'autobiografia invece come dicevo non l'ho letta ma potrebbe essere interessante.
Purtroppo la cronaca degli ultimi anni ha scoperto nuovi casi: nel 2008 è esploso un altro caso terribile caso in Austria, Elisabeth Fritzl che aveva vissuto imprigionata per 24 anni in un bunker sotterraneo costruito dal padre. Poi nel 2009 la statunitense Jaycee Dugard rapita a undici anni e tenuta segregata per i successivi 18 anni.


[ Natascha. Otto anni con l’orco / Allan Hall e Michael Leidig / Sperling  & Kupfer ]

2 giu 2011

Battle Royale - Lotta per la vita made in Japan

Koushun Takami

Bellissimo, un inno postmoderno alla libertà. 
Capolavoro Pulp.
La storia è ambientata nel 1997 nella Repubblica della Grande Asia dell’est, come tutti gli anni una scolaresca sarà sorteggiata per un gioco sperimentale, i ragazzi saranno spinti a  uccidersi tra loro, tutto è permesso tranne scappare (sono stati portati su una piccola isola), ne sopravviverà uno solo, appunto “battle royale”: “tutti contro tutti”. Non ci si può fidare di nessuno, alla prima occasione meglio uccidere per primi, o no?

Il libro procede implacabile con la conta dei sopravvissuti (si comincia con 42) che cala paurosamente capitolo dopo capitolo in una folle escalation di violenza, intanto la piccola mappa allegata aiuterà il lettore a seguire i movimenti dei personaggi sull’isola quasi come in un gioco da tavolo. Il finale a sorpresa sarà l’ultimo suggello di una lettura dal ritmo serrato e coinvolgente. 
Preparatevi alla lotta! Il gioco ha inizio.

Pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1999 il libro è stato un enorme successo; molto controverso, è tuttora un cult. La trama truculenta si offre a interpretazioni molteplici, dalla critica del darwinismo sociale, alle implicazioni politiche. Come tutti i capolavori non si esaurisce in banali semplificazioni ma sprigiona simboli e allegorie.
Consigliatissimo anche se il pulp non è il vostro genere.

[ Battle Royale /  Koushun Takami / Feltrinelli ]


1 giu 2011

Internet ci rende stupidi? - di Nicholas Carr

Nicholas Carr
Quanto il computer condiziona il nostro modo di ragionare? e quanto questo aiuto ci rende più brillanti? 
Nicholas Carr, saggista e collaboratore dei prestigiosi New York Times, The Financial Times e Wired, ci accompagna in una indagine su come l’uso di Internet stia condizionando e cambiando il nostro modo di pensare. Anzi, secondo Carr è proprio la straordinaria efficienza di  Internet a indebolire le nostre facoltà e a guidarci nostro malgrado verso una nuova forma di stupidità e di omologazione. 

Carr semina nel saggio numerose suggestioni e mette in guardia da alcuni pericoli: la tendenza a essere superficiali, la riduzione delle capacità di concentrazione, il fatto che gli strumenti tecnici ci costringano ad adeguarci a loro e non viceversa. Proprio quest’ultimo pericolo è forse l’idea più suggestiva propugnata da Carr, che chiama a sostegno addirittura il pensatore abissale per eccellenza, il profeta della morte di Dio, Friedrich Nietzsche. Nel libro viene infatti ricordato uno scambio epistolare tra il filosofo e il suo amico Koselitz, questi ebbe a scrivergli “i miei pensieri in musica e in lingua spesso dipendono dalla qualità della penna e dalla carta” e Nietzsche rispose “hai ragione, i nostri strumenti di scrittura hanno un ruolo nella formazione dei nostri pensieri”. Da poco aveva ricevuto una macchina per scrivere e secondo Carr fu proprio questo a condizionare lo stile della sua scrittura verso lo stile aforistico che caratterizza le opere successive. Non c’è dubbio che l’idea sia intrigante, ma è falsa: come ha ricordato recentemente il filosofo italiano Maurizio Ferraris in realtà Nietzsche usò la macchina per scrivere solamente per redigere poche lettere, tutte le opere filosofiche continuarono ad essere scritte a mano nella sua calligrafia quasi indecifrabile. 

Altri spunti sono più interessanti: l’aneddoto sulle reazioni contrastanti alla presentazione del multitasking negli anni ’70 e sugli effetti negativi rilevati negli anni 2000; l’idea della “rete”  come sistema di interruzione sistematica dell’attenzione, come tecnologia della dimenticanza.

Il taglio divulgativo e lo stile giornalistico rendono il testo didattico e di rapida lettura anche se avrei preferito che alcuni temi fossero stati trattati con minore superficialità. Un libro da leggere con un po’ di spirito critico, più che per trovare le risposte per ri-imparare a farsi domande. Internet certamente non è la risposta a tutte le domande come vorrebbe Google ma neppure è  un nemico stile Spectre. Si tratta di usarlo criticamente e non esserne usati. Più che da internet in sé guardatevi dal marketing che vi si nasconde.

[ Internet ci rende stupidi? /  Nicholas Carr / Raffaello Cortina ]

William S. Burroughs - Lo chiamavano “il prete”, fu lo sciamano dei Beat.

"il Prete"
Tutto nella vita di William Seward Burroughs (1914-1997) è stato eccessivo, persino la durata visto che malgrado gli eccessi di tutti i tipi, contro ogni pronostico, è morto alla veneranda età di 83 anni. Americano di famiglia aristocratica e ricca, si laureò ad Harward, poi il resto della sua vita è totalmente fuori dagli schemi: tossicomane, spacciatore, artista, scrittore; per oltre cinquant’anni ha perseguito ogni sorta di sperimentazione: spedizioni nella giungla, droghe, stili di vita alternativi, scrittura creativa, stravaganti esperimenti di magia. 
Burroughs era uno dei Beat, anzi il più vecchio visto che anagraficamente apparteneva alla generazione precedente; lo si poteva capire anche dal vestire, classico, in rendigote e cappello, sempre di nero, che gli valse il soprannome de “il Prete”. Il più estremo dei beat abusò del proprio corpo come pochi altri, la droga (tutte le droghe) fu una presenza costante nella sua vita e anche quando dopo molti anni ne uscì, continuò a condizionarne il pensiero e la creatività. Tra i suoi sodali e amici Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Ian Sommerville, Gregory Corso, Peter Orlowsky, Bryon Gysin. 
Ginsberg - Carr - Burroughs
Passò circa mezzo secolo vivendo ai margini (reietto sociale, tra abissi di degrado fisico e morale) pensando solo a spingersi sempre oltre, schivo fino alla paranoia, quando viveva in Marocco  aveva sviluppato una tecnica per diventare invisibile, nel senso che riusciva ad evitare di entrare in contatto con la varia umanità disperata che normalmente lo avrebbe assediato di richieste e/o profferte di ogni genere, scivolando tra la folla come un’ombra, perfettamente adattato e confuso nell’ambiente, diventato virtualmente trasparente. Per contro è  divenuto un mito vivente, un’icona (persino per i Beatles che vollero omaggiarlo inserendolo nella celebre copertina di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band). 
Burroughs ha trascorso gli ultimi anni in un ritiro fin troppo borghese tra gli amati gatti in una anonima cittadina di provincia, ma non senza continuare a sperimentare: collage di tracce audio, comparsate in dischi e videoclip (es. Kurt Kobain, U2), quadri ottenuti sparando a contenitori di vernice con il proprio fucile.
In mezzo, tutto il possibile e anche di più: la vita da fuorilegge (spacciatore, consumatore di droghe, ladro); l’omosessualità (sbandierata in pieno maccartismo, quando la sodomia era reato) ma anche una famigliola quasi standard, con una moglie (morta nel 1951 per un  colpo di revolver alla testa sparato dal marito mentre giocavano a Guglielmo Tell) e un figlio; le spedizioni nella giungla della Colombia (come un Indiana Jones tossicomane alla ricerca della droga perfetta).  

Burroughs viaggiò molto e visse anche per alcuni anni in luoghi diversissimi: fu a New York nei primi anni ’40,  per poi virare a sud Texas, Luisiana, Messico; toccò il fondo a Tangeri (la vera “Interzona”, zona franca, crocevia di traffici illegali, qui discese l’abisso autodistruttivo della depressione sprofondando sempre più tra droghe, sesso mercenario e cimici) tra il ’58 e il ’60, seguiranno Parigi, Londra, il ritorno negli Usa e infine il buen retiro a Lawrence.
Quanto alle opere, “il Prete” si caratterizza per la crudezza delle descrizioni, un vero pugno nello stomaco, allucinato e con una tendenza per il disgustoso: fluidi corporei,  amplessi, sodomia, tossico dipendenza, percezioni distorte, creature mostruose, droghe per il controllo della mente, critica del totalitarismo, cospirazioni, sesso omosessuale, scene di morte, eiaculazioni, impiccagioni, insetti parlanti, bombe atomiche, flash back, western, pirati, malattie mortifere, futuri alternativi, e molto di più.
Bill con la pistola
Il capolavoro assoluto è “Il pasto nudo” (orig. Naked Lunch), che esplose come una bomba  al neutrone nell’America benpensante quando fu pubblicato per la prima negli Usa nel 1962 dopo tre anni di censure, resistenze, veti e accuse di oscenità seguite alla prima edizione di Parigi nel 1959 ad opera dell’editore pornografo Girodias. 
“Il pasto nudo” descrive una sorta di gironi infernali, un perenne stato allucinatorio, esseri mostruosi, droghe per il controllo mentale, cospirazioni totalitarie, omosessualità ostentata, morte. Del tutto fuori dall’ordinario per stile e contenuto, come spiegò lo stesso Burroughs il libro si articola in tre movimenti, la semplice trasposizione degli incubi da droghe, la rivisitazione artistica di tali allucinazioni e infine l’estrapolazione del significato profondo. Un libro dirompente e politico, intenzionalmente crudo, urticante, sadico, grottesco, uno schiaffo menato per fare male. Un incubo allucinato che sa vedere chiaro dietro la patina illusoria della normalità che occulta violenza e forme di controllo globale. I manoscritti da cui Burroughs trasse Naked Lunch risalgono al periodo di Tangeri (1954/58), fu lì che maturò l’idea dell’Interzona, una sorta di limbo (spazio fisico e mentale) dove la normalità borghese è sospesa e dove le pulsioni non vengono frenate e le fantasie (anche quelle più sadiche) si realizzano, qui il “sistema” mostra il suo lato oscuro, un mondo di feroce violenza popolato di diseredati e perdenti.
Al Festival delle Arti di Edimburgo nel ’62 dopo l’accorata difesa di Burroughs per il proprio libro che riceveva resistenze alla pubblicazione in America, Mailer concluse: ”Forse che dovremmo penetrare questa terribile barriera di sesso, sadismo, oscenità, orrore e altro, perché, in qualche modo, la coscienza dell’uomo occidentale è divenuta, nell’insieme, fangosa, rifiutandoci di entrare? E perché i nazisti sono stati così atroci, dobbiamo, per il resto della nostra vita, rifiutarci di guardare questi fenomeni? Noi dobbiamo superare questa limitazione, ecco perché dò il benvenuto al romanzo del signor Burroughs: egli vi è penetrato più di qualsiasi scrittore occidentale di oggi.” ...finalmente sdoganato, iniziò il mito.
Burroughs è l’inventore di una tecnica di scrittura che potrà destare qualche stupore: il Cut-up che prevede la scomposizione e ricomposizione del testo mediante un processo di taglia e incolla; a questo aggiunse il Fold-in mediante il quale si mescolano testi di autori diversi; una sorta di processo quasi meccanico (che Burroughs chiama Routine) che altera  il testo fino a costruire un nuovo messaggio. (Non vi ricorda “La biblioteca di Babele” di Borges?)  
Detto questo risulteranno comprensibili le polemiche che nel 1983 accompagnarono la sua nomina tra i membri dell’Accademia Americana e Istituto di Arte e Lettere: molti polemizzarono sul fatto che i libri di Burroughs erano frutto del caso, con il suo cut-up e fold-in infatti “non scriveva”,  faceva collage rubando spunti qua è là; altri resuscitarono i vecchi ritornelli: pornografia, sadismo, oscenità. Ciò nonostante Burroughs fu nominato membro dell’Accademia. Per tutta la vita aveva preconizzato le strutture di controllo e denunciato il “sistema”, ora a 69 anni, il “Sistema” invece di espungerlo cercava di renderlo inoffensivo inglobandolo, letteralmente assimilandolo. Burroughs accettò con un piccolo inchino. Più tardi avrebbe detto all’amico Meyer: “Quella gente vent’anni fa andava dicendo che il posto più adatto a me era la galera. adesso vanno fieri che io appartenga al loro gruppo. Non li ho mai ascoltati prima , e non gli darò certo retta adesso”.
Scegliendo nella vasta produzione di Burroughs oltre al succitato “Pasto nudo”, consiglio:
La scimmia sulla schiena (orig. Junkie 1953) - Un crudo e realista resoconto autobiografico sulla dipendenza dalla droga. A dispetto di quanto si potrebbe pensare è un libro contro la dipendenza da droghe che cerca di indicare una via d’uscita.
Burroughs e Kerouac
La morbida macchina (orig. The soft machine 1961) - Ottimo esempio della tecnica cut-up inventata da Burroughs “Tagliate le linee delle parole! Fate a pezzi le immagini di controllo! Fate a pezzi la macchina di controllo!”
Sterminatore (orig. Exterminator  1966) - Una raccolta di racconti. Consigliatissimo è probabilmente il miglior approccio allo stile di Burroughs, iniziare con Naked Lunch sarebbe come pretendere di familiarizzare con le tecniche di scalata partendo subito in cordata sulla parete nord del Eiger.
Le lettere dello Yage (1963) - Raccolta della corrispondenza Burroughs/Ginsberg relative alle rispettive sperimentazioni di una droga allucinogena da presunti poteri telepatici, lo  Yage
Le città della notte rossa (orig. Cities of the red night 1981) - Storia di pirati à la Burroughs. La storia vera della leggendaria colonia “Libertatia” fondata da un gruppo di pirati guidati dal capitano Mission verso la fine del seicento in Madagascar, il tutto virato sull’immaginario di Burroughs. Una storia alternativa frutto di Cut-up, Fold-in e spostamenti temporali dove si mescolano passato e futuro. Bellissimo!


In Italia le opere di Burroughs sono pubblicate da SugarCo; alcuni titoli sono reperibili anche come Adelphi, Arcana e Shake.
Altri titoli troveranno spazio in ulteriori post.
BIOGRAFIE, consiglio:
  • Fuorilegge della letteratura (di Ted Morgan 1988) - Ricca e interessante biografia che ha il pregio di fare un quadro della cultura e dei pregiudizi dell’epoca in cui Burroughs scriveva i suoi libri più controversi. reperibile in italiano nella bella edizione SugarCo.
  • La vita e l’eredita di William S. Burroughs (di Graham Caveney 1997) - Un vero feticcio, foto, disegni, collage, interviste curiosità. Per i fan imperdibile.
- Curiosità_-
Nel 1991 il regista David Cronenberg ha tentato l’impossibile con una trasposizione cinematografica dell’immaginario di Burroughs, il film intitolato “Il Pasto nudo” (orig. Naked lunch) mescola episodi biografici ed elementi dei romanzi. Lo stato allucinatorio e la natura organica della droga per il controllo è reso con maestria, fantastica la macchina per scrivere vivente a metà tra incubo e sogno erotico. Come per i libri: inadatto a stomaci delicati.  

Per i veri fan segnalo “The Naked Lunch - The restored text.” (testo originale in inglese) nell’edizione Grove Press NY, curata da James Grauerholz e Barry Miles, con la trascrizione della versione restaurata del manoscritto originale. Io ho avuto il piacere di comprarne una copia a San Francisco nella celeberrima libreria City Lights Book, tempio dei Beat. Comunque si può ordinare online.