10 apr 2022

This is the end

Guido Morselli
(1912-1973)

Un libro breve ma intenso. Un incedere turbinante, che accarezza la follia come in una danza sincopata. 

Nel romanzo il protagonista testimonia la decisione assunta di suicidarsi, il momento è giunto, al culmine di un periodo di autoisolamento da un mondo che gli è ormai estraneo e insopportabile. Quindi accade l’impossibile: la rinuncia al momento decisivo e lui è ancora tra i vivi, ma si scopre l’unico sopravvissuto, solo. Il resto dell’umanità nel frattempo (contestualmente) è misteriosamente scomparsa lasciando spazio alla natura che inesorabile riconquista il proprio spazio crudelmente sottrattogli dall’irresponsabile agire umano. 

È questa la “Dissipatio H.G.” del titolo, ovvero l’evaporazione del genere umano (Humani Generis), un evento apocalittico ma incruento, niente cataclismi, l’intera umanità è d’un tratto scomparsa lasciando tutto il resto intatto. In questa solitudine si aggira il protagonista, sopravvissuto alla determinazione di suicidarsi; ne seguono riflessioni rapsodiche profonde, disperati tentativi di razionalizzazione, testimonianze del disagio incontenibile, infarcite di molteplici riferimenti culturali alti e rimandi alla biografia autentica dell’autore. La critica per un mondo che non è mai stato veramente tale, il senso di estraneità, l’ansia, l’accettazione, la decisione ultima (e ultimativa) e infine la liberazione. 

Una sorta di rielaborazione letteraria di un diario interiore del processo di estraniamento che porterà di lì a poco l’autore del libro a mettere in pratica il proposito suicidiario qui anticipato. Una discesa nel Maelstrom di una mente brillante, insieme disperata e determinata a fare appello a una vasta cultura, alla ricerca di un significato, di un senso, di un motivo per non farlo. Ma la “ragazza dall’occhio nero” (la pistola) terrà fede alla promessa e metterà fine al tormento, tristemente non solo nella fantasia. Guido Morselli, il geniale autore di questo libro, si è suicidato sparandosi con la sua Browning  il 31 luglio 1973, solo pochi mesi prima aveva scritto “Dissipatio H.G.” (che fu pubblicato postumo nel 1977). 

Una lettura sicuramente consigliata, la scrittura è insieme scorrevole e sofisticata, offre innumerevoli spunti di riflessione, non solo sul piano del travaglio personale (del protagonista, dell'autore, del lettore) ma anche per gli squarci di critica della società, l’ecologismo, la politica, l’economia, l’industria culturale. Attuali benché si tratti un testo degli anni ’70. 

L'uso del soliloquio, il ritmo, mi ha ricordato per libera associazione “La caduta” di Camus e anche “Il biglietto che esplose” di Burroughs.

Dissipatio H.G è un libro che tocca e fa pensare. L’ho letto d’un fiato. So che lo rileggerò ancora. Ma prima devo staccare, lasciare sedimentare, fare sì che le associazioni libere facciano il loro lavoro, e sarà come leggere un libro nuovo. 

Ora mi ci vorrebbe una passeggiata immerso nella natura, poi in un altro momento: sigaretta, un bicchiere e musica, potrebbe andare bene Jim Morrison che nel 1966 declamava: 

This is the end, beautiful friend
This is the end, my only friend
The end of our elaborate plans

 

[ Dissipatio H.G. / Guido Morselli / Adelphi ]


9 apr 2022

Divagazione

Juliette Lewis
nel ruolo di Faith Justin
Ancora una volta sono grato al gruppo del circolo dei lettori che mi ha dato l'opportunità di conoscere persone e libri interessanti. Inoltre è stata l'occasione per un giochino di associazioni mentali, "compitino" per il gruppo era immaginare un gruppo whatsapp tra personaggi letterari motivandone il legame. Le proposte sono state argute e divertenti, peccato che avendo la memoria di un pesce rosso non possa qui resocontarle. Mi limiterò pertanto al gruppo immaginato da me: 

Nome del gruppo:

  • "Letali attrattori"

Membri del gruppo:

  • Olga (Olga la rossa 1969 / Jan Wolkers), 
  • Fusako (Una stanza chiusa a chiave 1954 / Mishima Yukio); 
  • Berenice (Berenice 1836 / Edgard Allan Poe), 
  • Else (La signorina Else 1924 / Arthur Schnitzler). 
Olga rifiuta un uomo causandone l'ossessione per il sesso occasionale quale vano ristoro; Fusako è al contempo vittima e ispiratrice di seduzioni pedofile; Berenice induce a una follia che si tinge addirittura di necrofilia; Else è vittima di una proposta indecente che la porta al suicidio. 

Tutte queste donne esercitano un potere attrattivo inesorabile e dall'esito letale, loro malgrado, senza intenzione, per il solo fatto di essere appunto attraenti (in senso ampio). L'esito di tale prepotente magnetismo è sempre fatale, sugli uomini, ma anche verso sé stesse. 

Cosa mai potrebbero dirsi queste donne nella chat? Forse scambiarsi consigli musicali appropriati: 

  • Wicked Game (Chris Isaak 1990) che parla del presentimento di doversi sottrarre a un'attrazione potenzialmente letale; 
  • My Sharona (The Knack 1978) plateale dichiarazione d'amore per una groupie che lo rifiutava, il musicista usò il nome reale della ragazza eseguendo la canzone in tutti i concerti, incurante della imbarazzata presenza della moglie; 
  • My Heart Belongs to Daddy (Cole Porter 1938) che fa leva sulla differenza di età e pose da ninfetta; 
  • Tainted love (Gloria Jones 1965 / nella versione di Marilyn Manson 2001), amore corrotto; 
  • Que reste-t-il de nos amours ? (Charles Trenet 1942 / nella versione di Stacey Kent 2003), sulla malinconica incapacità di andare oltre un amore finito; 
  • Per Elisa (Alice 1981 - anche se in realtà parla di droga), appunto una dipendenza tossica; 
  • Mad About You (Hooverphonic 2000), il titolo dice tutto.

Per concludere: 

  • Almost Blue (Elvis Costello 1982 / nella versione di Chet Baker 1987), struggente e malinconica lirica.

La lista potrebbe continuare, sia sul piano letterario che musicale, e poi il cinema; tra le tante letali ammaliatrici segnalo la conturbante Faith Justin di Strange Days (1995 Bigelow/Cameron) interpretata da una giovane Juliette Lewis.

A ognuno di continuare la serie di associazioni mentali, e state in guardia!


4 apr 2022

Zona industriale

Eduard Limonov
(1943-2020)
Come la leggendaria Fenice: il nuovo inizio dopo la detenzione, ricomincia la giostra, e che giostra... 

Eduard Limonov è stato certamente un personaggio non convenzionale: poeta, scrittore, politico, detenuto, combattente, alcolista, bisessuale, donnaiolo. Una vita da romanzo costellata di esperienze basse e alte, nel libro "Zona industriale" l'autore si racconta, uscito di prigione sessantenne nel 2003, al suo ennesimo ricominciare, a Mosca, nella zona industriale di Syry. 

Può esserci qualcosa di ordinario nella vita di un uomo il cui pseudonimo Limonov fa riferimento alla “bomba a mano”? Evidentemente no. 

E infatti eccolo alle prese con il degrado della periferia, un'abitazione fatiscente e con la vasca da bagno  in cucina, bottiglie di alcolici che si svuotano inesorabilmente, la criminalità sotto casa, le guardie del corpo a proteggerlo dai funzionari dello Stato (sì perché Limonov è un attivista anti-Putin e il governo non va troppo per il sottile). 

Attivisti del partito nazionalbolscevico

Gli improbabili “amici” che gli fanno visita, le parentesi di lusso offerte da facoltosi sostenitori, le donne bellissime e spesso troppo giovani, un topo per animale domestico (per il quale scrive pagine di autentica commozione). E ancora l’attivismo politico per il partito da lui fondato  (i nazional-bolscevichi che con lui e Kasparov nel 2006-2007 sfidarono direttamente Putin); l’ammirazione per Bakunin, Stalin, Mishima, la banda Baader-Meinhof, Julius Evola, Lenin, i Sex Pistols. 

Non avvertite già il sopraggiungere di un terribile mal di testa? Ma non è finita, è soprattutto un brillante intellettuale, letterato, scrittore, poeta, critico letterario. Limonov è davvero esplosivo, come il nome che porta. 

Un romanzo non romanzo, anzi di più, come direbbero a Hollywood: è una storia vera! 

Lettura consigliatissima.


[ Zona industriale / Eduard Limonov / Sandro Teti Editore ]


3 apr 2022

Dissacrante oscenità

Pierre Louys
(1870-1925)
Siamo ai primi del secolo scorso, Parigi è la città del peccato e qui l’erudito poeta simbolista, vizioso e trasgressivo, Pierre Louys scrive una quantità di pagine calcando la mano sulle oscenità. 

Autore di tematiche libertine, oggetto di tale scandalo da ostacolarne la circolazione su entrambe le sponde dell’Atlantico, scrisse svariate opere tra cui “Afrodite” 1896, “La donna e il burattino” 1898, “Tre figlie di tanta madre” completato nel 1914 ma pubblicato postumo nel 1927 (e che a detta dell’autore si rifaceva alla sua reale esperienza di mènage à trois – ou à quatre, ma che certamente è piuttosto una rivisitazione esagerata, dando stura a una immaginazione viziosa e senza freni). 

Louys ebbe una vita movimentata, frequentazioni eccellenti (Gide, Wilde), e una serie di relazioni spericolate, mogli e amanti, compresa la cognata diciassettenne. Fondò anche una rivista letteraria che pubblicò tra gli altri Mallarmé, Verlaine, Valery, Gide. 

Un anno dopo la sua morte fu pubblicato nel 1926 il “Piccolo galateo erotico per fanciulle”. Si tratta di un testo dissacrante, la versione alternativa e oscena dei manuali di bon ton tanto in voga all’epoca, destinati alla formazione delle fanciulle che sarebbero dovute diventare angeli del focolare, madri e mogli,  capaci di stare al loro posto. Louys riprende lo schema dei manuali per educande, infarciti di compiti consigli e prescrizioni comportamentali per le più diverse situazioni in società, poi rovescia il punto di vista: dimenticate le piccole ingenue e pudiche educande, il galateo di Louys ha per destinatario una tipologia di fanciulle di tutt’altra fatta. La piccola minorenne a cui questo manuale snocciola consigli per la vita in società è un vero e proprio diavoletto, adusa ad ogni vizio e anche di più. Ha la sfrontatezza di Zazie, l’età di Lolita, il disincanto di Christiane F., l’impudicizia di una maîtresse di lungo corso, una totale assenza di senso del pudore e della misura, insomma il peccato carnale pour excellence. Una contro-educazione lasciva e senza tabù. 

La lettura può essere persino divertente a patto di estraniarsi dal lato oscuro, mostruoso, che  occhieggia tra le pagine. Già perché sebbene alcune parti del testo potrebbero benissimo adattarsi a figure trasgressive adulte, in realtà le protagoniste di queste sfrenate fantasie sono minorenni, peggio sono impuberi bambine. Louys era dunque un pedofilo? Di certo da adulto coltivava insane fantasie di cui riempiva pagine su pagine, e ben poco lo assolve la nota biografica richiamata nella postfazione, foss’anche solo fantasia siamo comunque nell’ambito del patologico

Un’ulteriore nota sinistra viene dalla considerazione del contesto in cui scrive Louys, infatti a conferma della diffusione della pedofilia, nell’aprile 1908 viene promulgata in Francia una legge a protezione delle prostitute minorenni, qualcosa di simile fu promulgato in Italia nello stesso anno. 

Soffermarsi sull’orrore della prostituzione minorile, tristemente ancora attuale, ci porterebbe lontano, per chi volesse approfondire questo tema consiglio vivamente il libro “I demoni dell'Eden. Il potere che protegge la pornografia infantile “ della messicana Lydia Cacho

Tornando al libro di Louys: stile, musicalità, irriverenza, trasgressione; consigliamo comunque la lettura, ma cum grano salis.


[ Piccolo galateo erotico per fanciulle / Pierre Louys / SE ]