14 gen 2016

Patagonia impossibile: a mani nude sul Cerro Torre - di David Lama

La Patagonia è da sempre una terra avvolta nel mito: lembo estremo a sud rivolto verso il Polo, una natura incontaminata selvaggia che ha opposto resistenza indomabile alla presenza umana che infatti in queste aree è ridotta al minimo. Non deve stupire il fatto che le montagne che ergono le proprie pareti di roccia verticale, tra ghiacciai permanenti e venti fortissimi in un paesaggio di rara bellezza, continuino a essere un obiettivo molto ambito da parte degli scalatori ed esploratori di ogni tempo.
Qui il ventenne David Lama ha realizzato l'impossibile: la scalata in libera del Cerro Torre.

Il Cerro Torre è una montagna che ha una valenza simbolica nella storia dell’alpinismo, i suoi 3.128 metri terminano in vetta con una parete di roccia quasi perfettamente verticale di almeno 900 metri sormontata da un fungo di ghiaccio perenne, una situazione che la rende tra le montagne più  spettacolari da scalare ma anche tra le più inaccessibili a causa delle pessime condizioni metereologiche generali (le tormente sono frequenti e i giorni di sole pochissimi) con temperature rigide e venti fortissimi.

Nel 1959 l’italiano Cesare Maestri affermò di avere raggiunto la cima ma non potè esibire altra prova che la sua parola dal momento che il compagno giunto in vetta con lui era morto durante la discesa a causa di una valanga che fece smarrire anche la macchina fotografica con le prove del risultato. Anche questa battaglia sembrava finalmente vinta ma a partire dal 1968 (quando una cordata fallì l'impresa da una via alternativa benché ritenuta molto più facile della via percorsa da maestri) furono fatte molte illazioni sulla vicenda e sollevati dubbi sulla onestà di Maestri.

Maestri e il famigerato compressore
 abbandonato appeso alla parete da oltre 40 anni
Per questo motivo nel 1970 lo scalatore ritornò in Patagonia e volle dimostrare di potere scalare nuovamente la vetta addirittura da una via più proibitiva, quella sud/est, l’impresa ebbe successo ma la modalità con cui fu ottenuto il risultato creò infinite polemiche negli anni a venire. Maestri infatti cambiando linea di salita non potè sgombrare i dubbi sulla sua “prima” inoltre la parete di granito verticale che porta alla sommità del Cerro Torre fu scalata con l’ausilio di un compressore di oltre 100 kg che servì a piantare centinaia di chiodi per assicurare la salita fino in vetta (la celebre via è infatti detta "del compressore" che è tuttora appeso sul percorso), per non parlare poi del fatto che al termine della roccia Maestri non ritenne di dovere scalare il fungo di ghiaccio sommitale (che non considerava parte della montagna) e quindi la sua salita si fermò lì. Altro elemento che contribuì alle polemiche fu il fatto che Maestri scendendo dalla vetta spezzò i chiodi degli ultimi 30 metri di parete, un gesto sprezzante verso chi aveva messo in dubbio le sue precedenti affermazioni.

Le polemiche che seguirono furono feroci e continuano tutt’ora, un continuo amplificarsi di dubbi segnati anche dal fatto che le prove materiali (la linea dei chiodi e delle corde fisse lasciate nel 1959) rintracciate successivamente sembravano smentire il racconto di Maestri, nel 2005 infatti una cordata percorse per alcuni tratti la presunta via Maestri della prima salita alla vetta, ma non trovò traccia di chiodi o corde o altri segnali che potessero testimoniare un precedente passaggio.
Anche l'impresa del 1970 alimentò la polemica,  per molti alpinisti e scalatori di tutto il mondo la "via del compressore" costituiva uno scandalo: chi parlava di violenza inflitta alla montagna, chi di anti sportività, chi di risultato falsato, chi peggio.
Tra i molti detrattori anche Reinhold Messner sostenitore del cosiddetto "stile alpino" (ovvero uso di mezzi tecnici ridotto al minimo indispensabile) e il grande Alex Huber (protagonista in libera di ascese considerate impossibili) che a proposito dei famigerati chiodi di Maestri parlò di “una ferrata sul Cerro Torre” e soprattutto anch’egli come Messner valutò l’ascesa in libera probabilmente impossibile (anche per le condizioni climatiche e per la roccia farinosa e instabile).


Nell’ambito di questo scenario possiamo finalmente comprendere la grandezza e a un tempo la problematicità dell’impresa del giovanissimo David Lama che ne 2012 è riuscito in un scalata ritenuta impossibile: la salita in libera del Cerro Torre nel 2012.
David Lama "in libera" sul Cerro Torre (Patagonia 2012)
Nel libro è lo stesso Lama che ripercorre la sua impresa, dalla prima baldanzosa dichiarazione di intenti ai i tre anni di tentativi, fino al successo finale. Un processo di maturazione personale e professionale che lo ha visto al centro di polemiche fortissime sul ruolo dello scalatore e soprattutto dello sponsor Red Bull, che fin dall’inizio programmava la ripresa della salita per la realizzazione del documentario che in effettti e poi stato girato.

Una storia emozionante che indaga in parte anche la filosofia dell’arrampicata e le sue implicazioni etiche, parallelamente al resoconto di un gesto atletico senza precedenti e probabilmente molto difficile da replicare.

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