28 mar 2012

The shock doctrine - di Naomi Klein


Naomi Klein
Questo interessante saggio del 2007 (titolo italiano “Shock economy”) mi è tornato alla mente a causa della inquietante vicinanza degli scenari che descrive con quanto sta accadendo in questi mesi in Italia. Una pesante recessione e un gruppo di tecnici che impartisce medicine tanto amare da far temere che più che curare possano uccidere il paziente. La polemica sulle modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è solo l’ultimo in ordine di tempo degli interventi che ricordano le strategie shock.

Nel saggio si documentano gli effetti devastanti delle teorie economiche facenti capo alla cosiddetta Scuola di Chicago, un gruppo di tecnici che alla prova dei fatti e della storia appare più come un manipolo di spregiudicati ideologi che hanno fatto da schermo, più ancora che da supporto culturale (se questa può chiamarsi cultura), per interessi economici  enormi, ambizioni espansionistiche e di controllo, azioni militari top secret (nel presunto interesse dei “civili”), il tutto producendo devastanti effetti sull’economia reale di interi continenti  e dando spazio a un crescente delirio megalomane. Come da manuale la convinzione irragionevole di essere assolutamente “dalla parte della ragione” apre le porte alle più grandi contraddizioni, tutto diventa strumentale e quando si è (o si crede di essere) il Principe, lo scriveva già Macchiavelli, allora il fine giustifica sempre i mezzi, quali che siano.

La perdita di contatto con la realtà consente ai sostenitori di questo feroce darwinismo sociale di ritenersi e porsi come i difensori del modello sociale ed economico ideale (secondo loro), e questo mentre la macchina ideologica fa a pezzi ogni empatia sociale, produce nemici interni ed esterni e sottomette ogni azione all’idea che ridurre le regole in campo economico (e sul lavoro) sia l’unica via. 

La tesi della Klein è che “the american way of life” nasconda un lato oscuro, un residuo ideologico (le teorie della scuola di Chicago) intorno a cui si agglutinano molte altre istanze (l’arrivismo economico, l’imperialismo militare, il nazionalismo, il conservatorismo, il fanatismo religioso cristiano, etc) spesso in contraddizione tra loro ma che saldate l’una all’altra traggono maggiore forza e pericolosità. Shock economy è una strategia di conquista del potere per imporre un controllo, un idea del mondo, tanto meglio se questo comporta anche il fare molti soldi, è per il bene di tutti, è per difendersi da un nemico subdolo e cangiante (un invenzione adattativa funzionale al mantenere alta la tensione). 

La teoria della Klein ricorda la “strategia della tensione” che ha interessato l’Italia anni ’60 e 70’ , ma ancora di più le operazioni strutturali in corso nel 2012 da parte del governo Monti. La situazione è da manuale: uno stato prostrato da una crisi economica profonda e uno staff di “professori” pronti a fare a pezzi lo stato sociale, indebolire le istanze dei lavoratori, rafforzare l’arbitrio delle grandi aziende e aprire le porte a investitori stranieri pronti a fare manbassa nei settori chiave (telecomunicazioni, materie prime, manifatture, industria meccanica e chimica), naturalmente a prezzo di saldo e senza ricadute positive sulla gran massa della popolazione.
Insomma le somiglianze tra la dottrina Shock economy e le riforme in corso in questa Italia 2012 sono senz’altro preoccupanti, tanto più che la storia ci ha mostrato come è andata a finire in Argentina, in Cile, Guatemala, e anche in Iraq, e non si dica che L’italia è altra cosa, ci vogliono secoli a conquistare diritti collettivi e pochi decreti per cancellarli, e questo è davvero pericoloso. 

La shock economy richiede un nemico, un pericolo incombente, più o meno reale che deve essere suscitato all’immaginazione delle masse per consentire a chi è al potere di assumere decisioni impopolari sull’onda dell’emergenza. Un perenne stato d’emergenza è funzionale al più agguerrito liberismo, l’emergenza può essere la ricostruzione dopo una calamità (con appalti diretti e loschi affari connessi, come è successo negli USA con l’uragano  Katrina e anche peggio da noi con il terremoto e gli scandali della protezione civile); può essere un presunto antagonista militare (l’impero del male, il terrorismo, la bufala delle armi di distruzione di massa); può essere la crisi economica (in questo caso l’ideologia salvifica acceca completamente). 
Se le aziende licenziano è perché non sono libere di licenziare abbastanza (una paralogismo che viene recitato come un mantra da compassatissimi professori; ci sarebbe da ridere se non fosse per la macelleria sociale che ne consegue). L’elemento ideologico si insinua ad ogni livello e per spiegare certi atteggiamenti non è sempre necessario ricorrere alla malafede o interessi privati (che pure abbondano), è come la superstizione: se il rito ha fallito è solo perché non è stato fatto per tempo o non era sufficientemente intenso. Ecco la spiegazione di decenni di fallimenti sugli scenari finanziari (nessuno degli economisti, neppure i premi Nobel, avevano previsto questa crisi finanziaria, anzi molti di loro ne sono in parte gli artefici grazie alle deregulation da loro caldeggiate e che hanno consentito il caos dei titoli derivati e dei mutui subprime). Eppure i "professori" insistono, non è il modello che è sbagliato è solo che non si è avuto il coraggio e la forza di applicarlo fino in fondo. 

Una lettura consigliatissima a cui vorrei accompagnare una nota positiva: per la prima volta negli USA si è andati (almeno a livello interno) su posizioni più simili al modello europeo, rivalutando l’ipotesi del sistema sanitario pubblico e rafforzando (sia pure in misura insufficiente) la rete di protezione sociale. In Europa sorprendentemente si sta andando in direzione opposta (vedi Grecia e Italia), si può almeno sperare che la storia culturale Europea sia più resistente al modello d’oltre oceano e che alla fine non ci si ritrovi con la tabula rasa teorizzata come ideale punto di partenza dai teorici dell’economia dello shock.

[ Shock economy / Naomi Klein / Rizzoli ]