1 mar 2012

La fabbrica delle mogli - di Ira Levin

Ira Levin
Curiosando tra i banchi dei libri usati ho scovato un piccolo volume del 1973, una prima edizione italiana Garzanti de “La fabbrica delle mogli” (orig. “The Stepford wives” 1972) opera dello statunitense Ira Marvin Levin (autore tra le altre cose del celebre “Rosmary’s baby” nel 1968). 

Quella che a prima vista potrebbe sembrare una storiella di fantascienza stile anni ’50 si rivela in realtà un’acuta e inclemente satira del conformismo benpensante american style. Una parodia in chiave sociologica in salsa vagamente thriller.
Un libro piacevole, che fa riflettere. Attuale anche dopo 40 anni.
Il romanzo è la storia di Joanna che si è appena trasferita con il marito e i due figli a Stepford, ridente cittadina della periferia americana; certo il marito dovrà fare il pendolare con l’ufficio ma il posto è magnifico, tante villette separate da giardini in perfetto ordine, vialetti impeccabili, prati, quiete, servizi efficienti e a misura di famiglia, vicini cortesi. Joanna e il marito Walter sono una coppia giovane e moderna, credono nella parità dei sessi e Joanna non è la tipica massaia o una donna succube del marito, è politicamente attiva, ha interessi culturali, coltiva degli hobby, fa la fotografa e vende i suoi lavori. 
A Stepford sembra che il tempo non sia mai passato, è ancora il 1950: il modello è mogli sottomesse angeli del focolare. Joanna però è una ragazza di città e non intende proprio conformarsi. 
Qualcosa turba Joanna: le altre donne sono strane, vere e proprie super casalinghe lava-asciuga-metti-in-ordine con portamenti da modelle impeccabili-in-forma-sempre-cortesi,  troppo  servizievoli (senza un solo minuto di libertà) e troppo sorridenti, tanto da far pensare a una paresi o all’uso di droghe. 
Le poche donne ancora normali, mediamente disordinate, insoddisfatte e dotate di spirito di iniziativa come lei e con cui ha fatto immediatamente amicizia si stanno misteriosamente e inesorabilmente perdendo una ad una. Come fossero vittime di un sortilegio improvvisamente adottano il modello e si spengono del conformismo generale dimenticando ogni altra ambizione.

Ciò che più inquieta Joanna è l’associazione maschile (vietata alle signore), residuo di una mentalità superata che appena arrivati lei e suo marito avevano vagheggiato di infiacchire organizzando dei gruppi di discussione e fomentando rivendicazioni femministe con le altre donne. Ora però anche il marito frequenta l’associazione, il cui edificio in cima alla collina  incombe come una minaccia sulle donne di Stepford. Forse sta diventando paranoica, la verità è che le altre mogli sembrano addirittura contente di quella specie di schiavitù dorata, sono in pace con sé stesse e non cercano né desiderano nulla di più che servire il marito e apparire belle. Per quanto assurdo tutto sembra indicare una qualche forma di condizionamento, di coercizione ordita dagli uomini, qualcosa che trasforma le  donne di Stepford (tutte) in bambolone da sfoggio, vuote come manichini ed efficienti come robots.
La paranoia cresce e Joanna non vuole capitolare, potrà fidarsi del marito? In fondo è un uomo anche lui. 
In un crescendo di sospetti il libro giunge all’epilogo finale con sorpresa.
Buona lettura.
PS
Da questo libro è stato tratto il film del 2004 “La moglie perfetta” (titolo originale “The Stepford wives”) con Nicole Kidman, Glenn Close e Cristopher Walken. Nel film si ironizza sul conformismo duro a morire della provincia americana affermando che l’anacronistico comportamento delle donne aveva potuto passare inosservato solo perché Stepford era in Connecticut.
[ La fabbrica delle mogli / Ira Levin / Garzanti ]