20 set 2012

Penultimo nome di battaglia - di Raùl Argemí

 Raùl Argemí 
Un uomo si risveglia in ospedale ferito, confuso, al suo fianco un compagno di sventura sfigurato dalle fiamme, messo peggio di lui non potrà aiutarlo a ricordare.

E’ l’inizio di un giallo sorprendente ai limite del genere, che mescola elementi di denuncia degli orrori del regime Argentino a riflessioni sulle radici della malvagità e sulle dinamiche del comportamento criminale

Il protagonista ricorda inizialmente solo di un incidente d’auto e di essere un giornalista, uno che non ha mai fatto carriera e che forse finalmente può cogliere la grande occasione: il moribondo a fianco del letto in cui è immobilizzato è forse un temuto ricercato psicopatico e trasformista, tal “Cacho” detto anche il camaleonte per la sua abilità nell’assumere molteplici identità. 
La paralisi che gli blocca gli arti e i sedativi che lo costringono a ripetuti crolli nell’incoscienza non lo aiutano, ma è l’occasione della vita e intende coglierla: lentamente i vari pezzi della storia carpita al moribondo, assieme a brandelli di conversazioni dei paramedici e del personale di polizia venuto in visita all’ustionato di cui è impossibile accertare l’identità, incominciano a dipanare una storia con qualche coerenza, portando luce dove era ombra, fino al colpo di scena finale.

L’autore del romanzo è l’argentino Raùl Argemí, imprigionato dal regime nel ’74 per dieci anni, ha lavorato come giornalista, poi nel 1999 è espatriato in Spagna dedicandosi alla scrittura. Nel 2005 ha vinto con questo il libro il premio Dashiell Hammett, meritatissimo.

Il libro è molto più di un giallo: le oscillazioni dello stato di coscienza del protagonista che è anche il narratore della storia, l’opacità della memoria, la psicologia della malvagità; in breve un libro da leggere anche se i gialli proprio non vi piacciono, non ve ne pentirete.

[ Penultimo nome di battaglia / Raùl Argemí / La Nuova Frontiera ]