La partita a scacchi come "serious game", come esercizio intellettuale, come metafora, come vera e propria ossessione, perché come si legge nel racconto "Non ci si rende già colpevoli di una limitazione offensiva, definendo gli scacchi “un gioco”?"
Stefan Zweig (1881-1942) |
Particolarmente suggestive le corrispondenze tra il protagonista del racconto e la biografia dell'autore, anch'egli esule, rifugiato in Brasile dall'Austria precipitata nel baratro della "più spaventosa sconfitta della ragione e al più selvaggio trionfo della brutalità", come l'autore scrisse in una lettera del novembre 1941. E' infatti a Petròpolis, nei pressi di Rio de Janeiro che Zweig scrive quest'ultimo racconto, ispiratogli dal suo tentativo di liberarsi delle depressione, in cui è caduto, cimentandosi nel replicare celebri partite su una scacchiera che ha acquistato all'uopo.
É l'8 gennaio 1944 quando inoltra il manoscritto finito a un amico scrittore e scacchista per avere un parere spassionato, Zweig tiene molto al racconto. Poco dopo, il 22 febbraio 1942, si suicida insieme alla giovane moglie assumendo del Veronal. Non è un gesto d'impeto ma un atto pianificato, il giorno prima ha inviato copie del manoscritto a suoi editori e traduttori. Al momento del commiato lascia una lettera datata il giorno stesso in cui constata "il mondo della mia lingua per me è andato perduto e la mia patria spirituale, l'Europa, si è autodistrutta", dichiara esaurite le forze e conclude con:"Saluto tutti i miei amici! Possano rivedere l'aurora, dopo la lunga notte! Io, troppo impaziente, li precedo."
Lettura consigliatissima.
[ La novella degli scacchi / Stefan Zweig / SE ]